(di Stefano Tenedini) Una bella sbarra messa di traverso, solida e a strisce bianche e rosse come quelle delle frontiere di una volta. La sentenza della Cassazione è piombata come la parola fine sulle illusioni di completare almeno il tratto vicentino della A31, una possibilità preliminare per il completamento definitivo e quell’innesto sull’Autobrennero desiderato, anzi sognato da cinquant’anni. La Suprema corte ha respinto il ricorso della società Brescia – Padova contro l’opposizione del piccolo Comune di Besenello, a metà strada fra Trento e Rovereto, e la conseguenza è una soltanto. Addio sogni di gloria, la Pi-Ru-Bi se ne torna in soffitta. Di più: la società è stata anche condannata a pagare le spese del processo.
Cos’è successo? La Cassazione ha detto in sostanza che Besenello aveva diritto di opporsi “al fine di tutelare il proprio territorio e i cittadini” contro il progetto. In effetti c’era più di una perplessità, perché prolungare l’autostrada fino ai margini del territorio trentino (in attesa che la Provincia Autonoma dicesse di sì a tutto il percorso) suonava tanto come una provocazione, un tentativo di forzare la mano, e un po’ come l’ultimo tentativo di arginare con un provvidenziale “lavori in corso” la scadenza della concessione autostradale, attesa per il 2026. “L’unico motivo per cui esiste il progetto”, dicono i detrattori. Ora si riparte da zero (forse): e solo se con un tracciato trans-regionale condiviso da società ed enti locali.
Come ricordavamo giusto un mese fa su l’Adige (in questo articolo) le società di gestione hanno l’urgenza di fare fronte comune non per la Valdastico, ma contro il rischio che con la scadenza della concessione arrivi la concorrenza europea. La A4 Brescia-Padova e la A22 Modena-Brennero, imparentate attraverso gli enti locali, hanno immaginato una proroga che però richiede investimenti senza bandi europei. Investire appunto sulla Valdastico.
Quasi impossibile ripercorrere per filo e per segno il complesso iter processuale, che ha visto per anni sui due lati della barricata ambientalisti, progettisti e imprese, maggioranze e opposizioni in tutti i contesti locali, provinciali e regionali coinvolti, tecnici ed esperti di logistica, perfino giornali e da qualche anno naturalmente i gruppi organizzati sui social. La sostanza è che la Cassazione ha definito “illogica e incongruente” la possibilità di mettere in cantiere solo il primo lotto dell’A31 Valdastico Nord, peraltro confermando la sentenza del Consiglio di Stato del 2019, che giudicava questa scelta “irrazionale”. Considerata oggi definitivamente un’opera indivisibile in lotti, l’autostrada immaginata da Piccoli, Rumor e Bisaglia (qui sotto nella foto) potrà nascere solo se il progetto includerà anche il tratto trentino. Improbabile.
Il Comune di Besenello, capofila (e a lungo unico promotore) della lotta al prolungamento, si dice soddisfatto ma non placato, e rimarrà in allerta finché tutto il progetto cadrà sotto una pietra tombale, o almeno in archivio. Rimane comunque aperta una porticina, almeno sulla carta: il progetto nel frattempo ha infatti ottenuto il parere favorevole della Regione Veneto sul piano urbanistico e il sì del ministero dell’Ambiente alla procedura ambientale Via. La bozza del tratto vicentino, disegnata da A4 Holding, andava da Piovene Rocchette su a nord per la Valle dell’Astico, con un tracciato di quasi 18 chilometri, collegandosi alla viabilità ordinaria con due svincoli a Cogollo del Cengio e a Valle dell’Astico-Pedemonte, per un costo ipotizzato variabile da 1,3 a 3 miliardi a seconda del percorso considerato.
Vale la pena di restare un attimo sulla pronuncia del Consiglio di Stato, per il rigore con cui aveva valutato il progetto e nel 2019 aveva annullato la delibera del CIPE. Precisava infatti che “la proposta di approvare solo il progetto del primo lotto funzionale era irrazionale e illogica”, per ben tre motivi. Primo, perché il progetto iniziale era realizzare l’infrastruttura autostradale unitaria; secondo, perché la frammentazione dell’infrastruttura in lotti non era dettata dalle valutazioni sul tracciato ma solo dall’esigenza di aggirare il dissenso dei trentini e il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici; terzo, ancor più significativo, perché realizzare il solo tratto veneto ”risultava privo di oggettivo fondamento funzionale, non essendoci alcuna giustificazione della costruzione di un prolungamento verso Nord dell’autostrada A31 senza ipotizzare il raggiungimento dell’A22 del Brennero”.
A parte le società autostradali, la legnata più forte devono averla sentita negli uffici della Regione Veneto e della Provincia autonoma di Trento, che si era aggiunta più di recente con il proprio parere favorevole, appoggiata dai partiti del governo locale. Ancora non si sentono tranquilli però gli ecologisti: “Il risultato non protegge i territori e le comunità del Veneto e del Trentino, ma obbliga chi vuole insistere con la realizzazione a ricominciare da capo, e questo ci dà tempo prezioso”, sottolinea Roberta Rosi, vicesindaco di Besenello, che richiama anche “l’enorme impatto ambientale” dell’opera. Va detto che lo stop è un giudizio pesante non solo per la politica locale, ma si riverbera anche a livello nazionale, perché a vario titolo erano a favore anche Presidenza del consiglio dei ministri (uscente), ministero dell’Ambiente, ministero dei Trasporti e CIPE. Tutti tornati a zero.
E ora? Ci sarà una nuova puntata? Con Draghi a Palazzo Chigi e spese molto più urgenti da preventivare tra vaccinazioni, ripresa economica e una ristrutturazione del sistema Paese che prosciugherebbe anche un bonus 110% planetario, verrebbe da rispondere “ciaone” Valdastico. Ma la storia di quest’opera infinita e incompiuta ha confermato che la politica è l’arte del possibile e anche dell’impossibile. A volte ritornano, non solo ad Halloween.