E’ bastato che cadesse il governo Conte e Domenico Arcuri è rimasto col culo scoperto. Ne stanno uscendo di tutti i colori su come ha gestito il business delle mascherine, dei DPI (dispositivi di protezione individuale), dei banchi a rotelle, dei padiglioni “primula” per la somministrazione dei vaccini e sulla stessa gestione dei vaccini. Non s’era mai capito bene perché Conte avesse deciso di mettere a capo del Comitato Tecnico Scientifico un dottore in economia e commercio che non è né un tecnico né uno scienziato.
Ma il morbo imperversava. Altri erano i problemi. Ma adesso che il Covid dà un po’ di tregua e certe protezioni politiche cadono ci si aspetta che una delle prime cose che farà Draghi sia di toglierci Arcuri dalle palle. A verificare il suo operato ci penserà chi di dovere.
A noi semplici cittadini interessa che, rimosso il vertice del CTS, cambi l’approccio centralista alla campagna vaccinale. Ci aspettiamo che il nuovo corso dia il via libera per l’approvvigionamento dei vaccini sul libero mercato da parte di quelle regioni che sono in grado di farlo. Come il Veneto, appunto. Questo in base ad un ragionamento molto semplice. Se lo Stato, accentrando su di sé la gestione delle vaccinazioni, non è stato all’altezza di garantire la somministrazione dei vaccini in tempi accettabili, è giusto, doveroso, normale che lo facciano quelle articolazioni dello Stato che lo sanno fare. E le regioni sono una di queste. L’argomentazione speciosa dei centralisti è che il Ministero deve sapere chi si è vaccinato e chi no.
Ma ciò è possibile farlo anche se, ad esempio, il Veneto si compra i vaccini per conto suo. Basta un semplice database. Se una o più regioni sono in grado di fare e meglio quello che non fa lo Stato è giusto che lo facciano. Speriamo di no, ma se arriva la terza ondata non possiamo permetterci di farci trovare impreparati. E il vaccino è l’unica arma che abbiamo.