(di Giorgio Massignan, Verona Polis) Nei primi giorni di marzo del 1630 la peste, portata  da un soldato contagiato nel mantovano dai mercenari tedeschi,  colpì pesantemente Verona. In pochi giorni il morbo dilagò e i carri dei monatti iniziarono a trasportare i morti, per essere tumulati,  e i malati, per essere imbarcati e condotti al Lazzaretto del Pestrino, finito di costruire nel 1628, due anni prima lo scoppio dell’epidemia. Venne progettato nel 1548 da Giangiacomo Sanguinetto che, probabilmente, ridimensionò un preesistente progetto di Michele Sammicheli.  I lavori iniziarono nel 1549.

Si scelse di localizzarlo in zona Saltucio di Porto San Pancrazio, un luogo isolato, ma facilmente raggiungibile attraverso il fiume. Fu individuata un’area rettangolare, che venne cintata da mura merlate, con lo scopo di evitare la fuga degli ammalati o l’ingresso di persone non abilitate. Gli ammalati erano suddivisi in quattro settori ben distinti.

Cinquantun arcate ai lati maggiori e ventiquattro ai minori, circondavano un tempietto di forma rotonda, con doppio perimetro  di colonne,  con il giro più interno a sostenere una cupola. Gli ammalati venivano imbarcati all’approdo del ponte Navi e trasportati con dei barconi al Lazzaretto. Durante la peste del 1630, l’ultima pestilenza che colpì Verona, prima del Covid 19, furono accolti oltre 5.000 ammalati. Da quella data, l’attività dell’ospedale per le malattie infettive diminuì ed anche la struttura edilizia iniziò a subire una lenta ma inesorabile decadenza fisica. Alla fine del 1700, terminò di essere utilizzata come luogo di ricovero sanitario e il grande complesso fu trasformato in un deposito di esplosivi. Mantenne questa funzione anche durante la seconda guerra mondiale, durante la quale subì i danni di una prima esplosione. Nell’aprile del 1945, lasciato incustodito dai tedeschi in fuga, fu invaso da decine di persone, che cercavano di recuperare l’ottone dei bossoli delle munizioni. La mancanza di attenzione e di prudenza nel trattare i proiettili e la polvere da sparo, provocò  una seconda e più potente esplosione che, oltre a causare circa trenta vittime e molti feriti, ridusse l’intero Lazzaretto nei ruderi in cui si trova oggi.

Nel 1960, fu parzialmente ristrutturato il tempietto centrale e, in questi ultimi anni, grazie al FAI, il complesso è stato recuperato per attività culturali.