Report fa discutere. L’attacco alla sanità veneta portato ieri sera dalla trasmissione di Sigfrido Ranucci lascia perplessi. Il giornalismo d’inchiesta ha una funzione molto importante nell’informazione e di conseguenza nella formazione del consenso. In diverse occasioni ha fatto emergere ingiustizie, ruberie, corruzione in tutti i settori della società. Ieri, dopo aver scandagliato nei mesi scorsi le disfunzioni della sanità lombarda, che effettivamente qualche problema deve pur avuto nella gestione della pandemia, ha fatto uno zoom sulla sanità veneta.
Report ha messo sotto la lente d’ingrandimento le modalità con le quali è stata affrontata la seconda ondata, in novembre e dicembre, che in Veneto è stata più grave della prima in termini di contagi, ricoveri e morti. Secondo la trasmissione c’è una responsabilità della Regione. L’aver impostato la verifica dei contagi sui tamponi rapidi avrebbe portato a non riconoscere tanti casi positivi e ciò avrebbe favorito la diffusione del Covid. In più la Regione avrebbe manipolato i parametri sui quali il CTS si basa per assegnare il colore della zona che per il Veneto è stato per molte settimane giallo, lasciando intendere che avrebbe dovuto essere in arancione. Oggi, nella quotidiana conferenza stampa di Zaia, è arrivata la risposta della Regione che ha confermato la linea tenuta finora: la grande mole di tamponi rapidi ha permesso di raggiungere il maggior numero di persone possibile con un margine di errore minimo, come ha spiegato la dr.ssa Ricci dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie. Nei prossimi giorni è attesa la risposta alle altre contestazioni.
Quello che stride in tutto questo è che Report faccia le pulci alla sanità veneta, unanimemente riconosciuta come una delle migliori se non la migliore d’Italia quando in altre regioni ci sono situazioni da far rabbrividire, come in Calabria, dove si permette che le aziende sanitarie non presentino manco il bilancio!