Che cos’è successo al Chievo? Come mai rischia di non essere nemmeno ammesso campionato di serie B dopo aver sfiorato la promozione in serie A? Molti se lo chiedono. E non è facile penetrare e comprendere i meccanismi regolamentari e finanziari di un mondo, quello della Federazione Italiana Gioco Calcio, che ha meccanismi e regole autonomi. Cerchiamo di semplificare.
La Federazione Italiana Gioco Calcio ammette le società ai rispettivi campionati ove i loro bilanci abbiano superato il vaglio della Covisoc, organo tecnico deputato al monitoraggio della loro situazione economico-finanziaria. Un giudizio negativo di quest’ultimo comporta l’esclusione dall’iscrizione al campionato. L’unico rimedio dell’esclusa sta nel ricorrere al Consiglio Federale della Ficg. Per il Chievo c’è stata la bocciatura della Covisoc, seguita dalla conferma dell’esclusione da parte del Consiglio Federale.
Il motivo sta nel fatto che il Chievo, come del resto molte altre società di calcio, al momento del ricevimento di un avviso bonario che avverte del mancato pagamento e che la nostra legislazione tributaria permette, ha omesso di pagare l’IVA alla scadenza ordinaria già da un po’ di anni rinviando il suo effettivo versamento, mediante rateizzazione in cinque anni. Questo meccanismo è un artificio che consente alle società di respirare in situazioni di tensione finanziaria, a fronte di un relativo aggravio, interessi e sanzioni ridotte ad un terzo. Tutto questo si è interrotto nell’ultimo anno perché il Chievo, ma non solo il Chievo, non è riuscito a pagare alcune rate, complice, tra le altre, la mancanza diegli incassi delle partite chiuse al pubblico nel 2020 e 2021. Ciò lo ha fatto decadere dai benefici concessi per gli avvisi bonari. A quanto pare però via Galvani ha gli stipendi e i contributi tutti pagati ed in ordine.
La Covisoc ha chiesto che per questi debiti Iva ci sia un nuovo piano di rateizzazione del pagamento, che però è tecnicamente impossibile in quanto l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto emettere una cartella di pagamento con sanzioni piene e definito un nuovo piano di rateizzazione, in presenza di norme che hanno sospeso l’attività di emissione delle cartelle esattoriali dapprima fino al 30 giugno 2021 e ora al 30 agosto.
Per la società di Campedelli era quindi materialmente impossibile avere il piano di rientro richiesto dalla Covisoc e dal Consiglio Federale della Figc poiché manca l’atto dell’Agenzia delle Entrate. La domanda è spontanea: come faceva Campedelli a organizzare il pagamento del debito se non aveva ricevuto la cartella del pagamento dall’Agenzia delle Entrate? Per queste questioni Franz Kafka alla fine dell’800, aveva già espresso il proprio parere ed ora, a più di cento anni di distanza, siamo ancora nei suoi pensieri.
Di questo, i primi due gradi di giudizio della Figc non hanno tenuto conto. Si sono limitati a prendere atto del debito scaduto e del fatto che non esiste alcun piano di rientro, considerando il debito non onorato e la società inadempiente. Questa la storia. Ora Il Chievo ha tempo fino a tutto lunedì per far valere le sue buone ragioni presso il Comitato di garanzia del Coni, cioè il livello di terza e ultima istanza. Se il ricorso non dovesse essere accolto la squadra della Diga sarebbe esclusa definitivamente dal Campionato di serie B con tutta una cascata di conseguenze facilmente intuibili.
Resta però il fatto che sarebbe grave che una società con cento anni di storia venisse colpita per una distonia fra la legislazione ordinaria e le regole della Figc. Qui non si tratta di tenere all’Hellas o al Chievo. Si tratta che Verona deve farsi rispettare a livello nazionale. Anche perché questioni del genere non sono esclusiva del Chievo. E a buon intenditor poche parole.