(di Giulio Bendfeldt) La settimana scorsa un’improvvida discesa in campo ha evidenziato un deficit clamoroso per gli industriali scaligeri. Abituati a confrontarsi in passato con una politica in ginocchio, interessata ad ottenere aiuti, sostegni ed imprimatur vari, gli eredi della generazione d’acciaio che ha ricostruito l’Italia e Verona, battendo il terrorismo, hanno dimostrato una lontananza preoccupante dalla vita pubblica. Le parole di Michele Bauli e Giuseppe Riello a favore dell’accordo di AGSM Verona con A2A sono suonate non tanto come un meditato invito a “far bene“, a considerare uno scenario industriale e non soltanto le appartenenze partitiche, quanto come l’ordine fatto ad un cameriere di aderire alle richieste del paròn.
Ora, a parte il fatto che di paròn non ne vediamo più di veri dai tempi di Nereo Rocco, l’uscita ha raggiunto l’effetto contrario: la politica – che trae legittimità dal voto popolare – ha fatto quadrato. Così quanto sussurrato prima – questa operazione la vogliono soltanto Sboarina e Bauli – è diventato un boato – questa cosa la vogliono fare gli Industriali coi soldi nostri per posizioni di potere loro – poi. Il bazooka è diventato un boomerang e l’astensione del presidente di Agsm (Daniele Finocchiaro, manager di lungo corso in Glaxo, che di Confidustria è uno dei volti migliori) sul voto per la fusione a due con Vicenza amplia ancora di più il nuovo fossato che divide la politica scaligera dagli Industriali.
Industriali (e imprenditori) che governano la Camera di commercio, che hanno contato e vogliono contare in Fondazione Arena di Verona, che sono componenti dell’organo di governo dell’aeroporto oggi cameriere – esso sì – di un patròn come la Save veneziana, che hanno presieduto VeronaFiere, il fallito Parco Tecnologico e sono stati in tutti gli enti economici della città…Insomma, se le cose non vanno troppo bene nell’economia e nella vita pubblica scaligera una qualche responsabilità sta anche in Piazza Cittadella.
La lontananza sta proprio nel considerare la vita pubblica come un inutile fardello, come una giostra obbligata, e non come il momento più alto della cittadinanza. E’ l’insofferenza per quello che si considera un rituale. L’incapacità di non vedere la complessità pubblica, come se la gestione delle loro aziende fossa ancora quella delle ferriere dell’Ottocento. Il bello è che nelle loro aziende questa mentalità non c’è , non può esserci: è un privilegio che riservano alla sola politica.
Di conseguenza: gli Industriali e gli Imprenditori che vogliono occuparsi della cosa pubblica imparino meglio le regole del gioco, se hanno dei progetti lo dicano chiaramente e ne siano responsabili quando questi vanno male; la politica impari a ragionare anche sui numeri, analizzando i problemi e le soluzioni con una preparazione professionale migliore. Il dibattito su Agsm ci ha riservato delle perle che – davvero – avremmo preferito non sentire.