(b.g.) Il Leone veneto che ha fatto dell’export e del forte incoming turistico i suoi tradizionali Bancomat col Covid-19 ha conosciuto la sua “tempesta perfetta”. Entrato per primo in lockdown, ha visto arrestarsi uno dopo l’altro tutti i suoi mercati di sbocco. La crisi, insomma, il Veneto rischia di pagarla più cara di quanto non debbono farla altre regioni italiane concentrate più nel mercato interno o tradizionalmente dipendenti dalla pubblica amministrazione. I dati della Regione nel suo Bollettino socio-economico appena rilasciato lasciano poco spazio ad un ottimismo di maniera: a settembre la ripresa sarà contrassegnata da tante crisi che si rifletteranno anche sull’offerta di lavoro.

Consumatori e prezzi. A maggio 2020 continua il crollo del clima di fiducia dei consumatori e delle imprese di tutti i settori produttivi, legato all’emergenza sanitaria in corso. Ad aprile si stima che il fatturato dell’industria diminuisca del 29,4% rispetto al mese di marzo; ancora più ampio il calo degli ordinativi che registrano una flessione congiunturale del 32,2%. Le vendite al dettaglio ad aprile fanno registrare una variazione congiunturale negativa di oltre dieci punti percentuali, imputabile al forte calo delle vendite non alimentari (-24%). Si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo a maggio 2020 diminuisca dello 0,2% rispetto al mese precedente anche in virtù del crollo del prezzo del petrolio che in anno si è deprezzato di due terzi del suo valore: da 66 $ al barile a poco meno di 19.

Pil della regione. Nell’attuale scenario di incertezza dominato dall’emergenza sanitaria, le previsioni per il PIL veneto disegnano una brusca contrazione nel 2020 (-8,7%), leggermente più intensa rispetto a quanto previsto a livello medio nazionale (-8,5%). Per i consumi delle famiglie in Veneto, dopo la timida dinamica del 2019, si stima una diminuzione pari a -6,7% e per gli investimenti addirittura -14%.

Si stima che il PIL veneto nel 2019 sia cresciuto dello 0,3%, in linea con la media nazionale. Il risultato del 2019 è attribuibile ad una buona performance del settore edilizio (+3,1%) e alla tenuta del terziario (+0,5%), accompagnate da risultati meno positivi per l’industria veneta, che chiude l’anno con un -0,2% su base annua, e del comparto agricolo (-7,9%). Il dispiegarsi del bonus al 110% per le ristrutturazioni edilizie potrebbero portare nuova linfa ai cantieri veneti, ma anche così il Veneto perderà quest’anno almeno 15 miliardi di ricchezza prodotta scendendo a 149 miliardi di Pil a prezzi correnti contro i 164 del 2019.

Ed infatti, sono ben 4 su 10 le imprese venete che tra marzo e aprile 2020 hanno visto ridursi il fatturato di oltre il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un ulteriore 12,6% di imprese venete non ha fatturato nel bimestre osservato.

Le prime evidenze statistiche su come le imprese stanno vivendo l’emergenza sanitaria da Covid-19 sono state raccolte attraverso una rilevazione che Istat ha effettuato nel mese di maggio, dal titolo “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19”. Il 29,1% delle imprese venete è riuscito a rimanere attivo per tutto il lockdown. Il 32% delle imprese venete ha bloccato l’attività, ma ha potuto riprendere prima del 4 maggio, quota superiore al valor medio nazionale (22,5%), anche per un forte ricorso a richieste in deroga. Il rimanente 38,9% ha visto una sospensione dell’attività almeno fino al 4 maggio, ma in alcuni casi anche oltre.

Esportazioni. La dinamica regionale delle esportazioni nel primo trimestre 2020 è condizionata dagli effetti economici che l’emergenza Covid-19 ha avuto sull’export italiano nel mese di marzo. Nei primi tre mesi del 2020 il Veneto ha esportato merci per un valore pari a 15,2 miliardi di euro, evidenziando una flessione del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2019. La flessione manifestata dall’export regionale è risulta leggermente superiore a quanto avvenuto a livello complessivo nazionale, realtà per la quale il valore delle esportazioni ha segnato un calo dell’1,9% ai primi tre mesi del 2019, ma quasi in linea con quanto rilevato nelle altre principali regioni esportatrici. A sostenere l’export veneto sono i settori della farmaceutica, delle produzioni agroalimentari e dei componenti elettronici. Tra i mercati di destinazione, si segnala il sensibile aumento delle vendite verso alcuni dei principali mercati extra Ue: USA, Svizzera e Russia.

Consumi di energia elettrica. La serie giornaliera dei consumi finali di energia elettrica da sabato 1 febbraio a domenica 14 giugno 2020 confrontata con la medesima del 2019 indica come il periodo di chiusura a causa dell’emergenza sanitaria causata dal Covid 19 li abbia drasticamente diminuiti. Nel Nord Italia l’andamento è speculare tra il 2019 e il 2020 fino al 9 marzo 2020, giorno di emanazione del DPCM “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale”. Già dal giorno seguente si assiste ad un progressivo calo: fino alla metà di aprile, osserviamo contrazioni nei consumi giornalieri nell’ordine del 40% rispetto ad un anno prima. Nella settimana dal 14 al 19 aprile il gap si riduce progressivamente ma va tenuto conto che, nel 2019, questa settimana coincideva con quella di Pasqua. Casi analoghi si notano il 23 e il 29 aprile 2020, corrispondenti rispettivamente al 25 aprile e 1 maggio del 2019, giorni festivi.

A seguito delle parziali riaperture previste dal 4 maggio dal nuovo DPCM si osserva una ripresa dei consumi elettrici: il gap, rispetto al 2019, si riduce tra il 12 e il 14%. Dal 18 maggio, con le ulteriori aperture consentite, i consumi crescono e le differenze si assottigliano al di sotto del 10%. Giugno si apre invece con il divario che risale intorno al -16%. Questo potrebbe derivare da un minore utilizzo degli impianti di condizionamento: le condizioni meteorologiche incerte hanno mantenuto le temperature contenute rispetto allo stesso periodo del 2019. Anche il prolungamento dello smart work può influire sul risparmio energetico dal momento che parte degli impianti elettrici degli uffici rimane spenta.