(di Bulldog) Mettiamola così: oggi Paolo Bedoni con la maggioranza dei soci di Cattolica Assicurazioni ha vinto la sua sfida: ha portato la cooperativa a diventare una bella spa con due soci di peso: Assicurazioni Generali al 24,4% e Warren Buffet, col 9. Ma lo scenario che si apre è quello di una Cattolica fuori dall’orbita di governo scaligero, e questo porta al vero sconfitto di questo braccio di ferro all’interno della compagnia di Lungadige Cangrande. (Per la cronaca: alla votazione per la trasformazione della cooperativa in società per azioni hanno partecipato 2700 aventi diritto e sono risultati espressi 1910 voti (70,74%) a favore della modifica e 785 voti (29,07%) contrari)

E il vero sconfitto non sono i 785 soci che hanno votato contro Bedoni e i 636 che hanno votato Michele Giangrande contro i 1850 elettori di Carlo Ferraresi. Gli sconfitti, raccolti nel cartello “Casa Verona”, possono persino cantare vittoria avendo trascinato al voto un bel po’ di gente ed avendo incassato dopo l’esito del voto ulteriori messaggi di vicinanza in città che lasciano intravvedere una coda di polemiche, interventi, azioni legali che renderanno l’arrivo del Leone di Trieste un piccolo Vietnam in riva all’Adige. Non andrà male nemmeno per la Compagnia, che verrà patrimonializzata e portata al sicuro grazie al combinato di manager d’alta professionalità (cresciuti in Generali, ovvero la migliore scuola assicurativa al mondo) e del patrimonio materiale ed immateriale del Leone giuliano.

No, il vero sconfitto è Centro Toniolo, la sua cultura, o meglio quello che ne resta. E’ la sconfitta di una scuola di manager, imprenditori, politici. Tutti cresciuti all’interno di quel mondo; persone che hanno puntato le loro carte tantissimo sull’appartenenza e, in qualche caso, quasi esclusivamente su quella. Si fa presto a fare il bilancio di quella scuola che per molti anni ha fatto il bello ed il cattivo tempo in termini di scelte di uomini,  nomine e candidature, di operazioni e costruzioni societarie: cosa è rimasto di grande a Verona? Dove è finita quella finanza basata sul localismo e sull’incenso, sulla moral suasion di una parte della Chiesa scaligera? Dove sono finiti gli enti economici scaligeri? Dove sono finiti i risparmi di migliaia di Veronesi che si sono fidati del ricordo di grandi cattolici di finanza (sia quelli in Banca Popolare che quelli della laicissima Cassa di Risparmio) e per questo non si sono mai preoccupati di controllare l’andamento dei loro titoli? Dov’è la cittadella finanziaria? Dove sono le big blue del capitalismo veronese che dieci, quindici anni fa facevano tremare le altre piazze finanziarie?

Non ci sono, quel mondo non c’è più. Non ci sono più gli uomini di riferimento, non c’è più nemmeno l’idea alla base di quel momento. Nessuno ha retto alla competizione, alla logica dei bilanci, alla sfida degli altri sistemi territoriali. Il circolo chiuso del Toniolo ha piazzato i suoi adepti dappertutto. E i cocci, oggi, sono tutti suoi. Per Verona si apre una nuova sfida: costruire una nuova classe dirigente, basata sulla competenze, sulle esperienze maturate nel resto d’Italia o all’estero. E c’è, esiste, ha fatto grandi sistemi territoriali complessi e difficili e guida, in più di un caso, la ricerca. E per fare bene il proprio dovere di civil servant non serve far parte di un “club”,  laico o confessionale che sia …

Venendo a Cattolica: con il 71% dei voti a favore l’assemblea dei soci di Cattolica ha approvato la trasformazione in spa della società. Si tratta di un passaggio chiave per la compagnia che a questo punto potrà proseguire il percorso di partnership con Generali che prevede un aumento di capitale da 300 milioni riservato al Leone di Trieste e l’ingresso di quest’ultimo nel capitale con il 24,4%. Ovvero, a nemmeno un punto dall’obbligo di far partire una Offerta Pubblica di Acquisto per il resto del capitale sociale, dato che, come evidenzia il Testo Unico della Finanza modificato dal decreto competitività del 2014 , “  l’offerta obbligatoria “è promossa anche da chiunque, a seguito di acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del venticinque per cento in assenza di altro socio che detenga una partecipazione più elevata”. La norma mira a tutelare i soci di minoranza in caso di azionariato particolarmente frammentato come quello di Cattolica – oltre 18mila soci – e dove a fianco delle Generali c’è Warren Buffet che, magari, potrebbe essere interessato a vendere le sue azioni alle Generali, oppure tramite Cattolica diventare un azionista di peso delle Generali, una delle più belle compagnie assicurative al mondo.

Ieri il Group ceo di Generali, Philippe Donnet, nel corso della call sui risultati trimestrali, ha assicurato che la partnership industriale con Cattolica può creare valore per entrambi i partner. “E’ una vera partnership industriale perché vediamo l’opportunità di fare un buon investimento che possa creare valore e da cui si possono estrarre utili addizionali”, ha detto Donnet, sostenendo anche che non si aspetta problemi di Antitrust. Oggi, Bedoni e Ferraresi hanno scritto ai dipendenti (che già si stanno informando sulle condizioni di vita a Mogliano Veneto: tranquilli, ci ho abitato tre  anni, vi assicuro che in venti minuti si arriva in treno a Venezia e si cena al Danieli e in un’ora si godono le colline del Prosecco) per sottolineare che Generali è  il “miglior partner possibile” e allearsi con il Leone di Trieste consentirà  a Cattolica “di implementare la sua efficacia, crescendo ancor di più  con importanti progetti in tutte le linee di business, mantenendo il radicamento sul territorio, il valore delle professionalità e della rete di agenti.  La trasformazione è un passaggio nel solco di quel costante aggiornamento del modello di governance in base alle necessità e all’evoluzione del mercato che abbiamo sempre garantito sin dalla quotazione in Borsa: senza un moderno accesso al capitale non vi è possibilità di sviluppo“, continua la missiva. In questo contesto, l’alleanza strategica con un player di grande rilievo come Generali “conferma la forza dei nostri valori, il nostro radicamento sul territorio e le nostre prerogative industriali. Generali ci ha scelto perché siamo Cattolica e perché comunque continueremo a esserlo“.

E Casa Cattolica? In un comunicato ha evidenziato come la battaglia è perduta, ma la guerra continua: « Nei prossimi giorni il coordinamento di Casa cattolica, allargato non solo i soci ma anche tutto il territorio e agli stakeholder, si ritroverà con la giusta serenità ma assoluta consapevolezza per analizzare tutta la documentazione legale raccolta nelle scorse settimane ai fini di valutare l’impugnazione anche dell’assemblea del 31/07 oltre a quella dello scorso 27/06. Tanti i punti sul tavolo, il disatteso articolo dello Statuto che prevede per esempio che per la trasformazione della forma societaria serva l’unanimità dei soci. Oppure il discusso punto (5) dell’accordo tra Cattolica e Generali, reso noto solamente al mercato e ai soci sul quotidiano “Italia Oggi” il 28/07, ultimo giorno di votazioni utile, che di fatto spiana la strada alla fusione di Cattolica in Generali. La conoscenza a priori di tale evenienza avrebbe sicuramente influenzato il voto di tanti soci che ne erano all’oscuro. Nelle prossime ore, l’invito alla società e agli organi competenti per il celere rilascio dei verbali dell’assemblea per sapere anche a quanti ammontano i voti annullati o non ritenuti validi».

Anche la politica cittadina si è fatta sentire:  per Tommaso Ferrari, di Traguardi: «I processi o si guidano o si subiscono ed è chiaro ormai a tutti che un’intera classe politica e dirigente che in questi anni ha fatto della “veronesità” una propria bandiera, ha invece depauperato il nostro territorio, solo per convenienza o miopia di visione strategica. Chi vuole portare avanti una vera “veronesità” deve guidare i cambiamenti sociali e di mercato e non farsi travolgere dalle decisioni».