(di Michele Bertucco) Dal 2004 (cioè da quando l’Arpav fornisce i dati sul limite per la protezione umana), la nostra città ha sempre superato la soglia annuale: nel 2020 Verona è ancora una volta fuorilegge per l’ozono ed entriamo, così, nel diciassettesimo anno consecutivo di illegalità. L’ozono è il contraltare estivo dell’inquinamento da Pm10 dei mesi più freddi. Pm10 che a Verona ha già superato il limite massimo annuale di 35 giorni di sforamenti (siamo a 44 giorni di superamenti). Le condizioni meteo estive invece disperdono il Pm10 ma favoriscono l’accumulo dell’ozono. Ma mentre per contrastare il Pm10 da anni viene adottato il blocco dei veicoli più inquinanti, perché contro l’ozono, nonostante superi il limite di legge da 17 anni consecutivamente, non si prendono provvedimenti?.
L’esposizione all’ozono provoca l’infiammazione del sottile strato di cellule che riveste le vie respiratorie e concorre ad aggravare l’asma e altre patologie respiratorie, quali enfisemi e bronchiti, polmoniti. Se l’esposizione è protratta nel tempo vi possono essere danni a lungo termine, con una riduzione della qualità e dell’aspettativa di vita. L‘Unione Europea stima che in Italia l’ozono provoca circa 3000 morti premature.
La fonte principale dell’ozono, come per il Pm10, è il traffico. A livello del suolo la sua molecola si forma quando altri inquinanti, principalmente ossidi di azoto e composti organici volatili prodotti principalmente dai processi di combustione, reagiscono a causa della intensa presenza della luce del sole. Le sorgenti di questi inquinanti “precursori” escono in gran parte dai tubi di scappamento e per questo è essenziale limitare il traffico.
Serviva e serve riorganizzare la mobilità per evitare che l’auto venga vista come l’unica soluzione per proteggersi dal virus. Occorre partire da subito gli con interventi più semplici ed economici (favorire le bici e diffondere la micro mobilità elettrica), poi sul medio e lungo periodo con quelli via via più complessi, riaprendo con urgenza il confronto cittadino per migliorare il nuovo Pums (Piano urbano mobilità sostenibile). Il Comune di Verona ha dichiarato di voler promuovere le alternative all’auto, in particolare la ciclabilità, ma di fatto è ancora al palo.
Ma l’Ozono non si combatte solo con la mobilità sostenibile. Bisogna mantenere ed aumentare il verde, che invece a Verona scarseggia, (soprattutto quello pubblico realmente fruibile) insieme agli alberi: 19 ogni 100 abitanti, cosa che ci colloca al ventinovesimo posto tra i capoluoghi italiani (dati 2018). Verde ed alberi sono fondamentali per calmierare l’ozono, come certifica l’ARPA Toscana. Svolgono un importantissimo lavoro di filtraggio eseguito soprattutto dalle foglie, che operano una neutralizzazione chimica e chimico-fisica degli inquinanti labili (ozono, ossidi di azoto, ossidi di zolfo: purtroppo solo un ristretto gruppo di alberi riesce a ridurre il Pm10). Utilissime, spiega ancora l’ARPAT, sono quindi le aree verdi nelle zone urbane e periurbane che fungono da depuratori naturali.
Occorre fermare la cementificazione di aree agricole; incrementare la disponibilità di verde a favore dei cittadini e nel contempo valorizzare il verde già esistente. Con le nostre proposte di Varianti “Verdi” per la riconversione del territorio abbandonato; di preservazione del territorio da nuovi inutili mega complessi commerciali, terziari o abitativi, e le proposte di valorizzazione del parco dell’Adige, l’amministrazione ha già tutti gli strumenti necessari e la possibilità concreta di perseguire l’obiettivo del consumo zero di suolo ben prima delle calende greche previste dalla normativa regionale. Ma avrà anche la volontà politica di concretizzare?