(di Gianni De Paoli) Quella di rifare lo stadio di Verona non è un’idea nuova, se ne parla da vent’anni, anche se non se n’è mai fatto nulla. Anche gli stadi, come tante altre creazioni dell’uomo, sono soggetti all’usura del tempo e all’obsolescenza. Nel dopoguerra erano concepiti “multiuso”, per il calcio ma anche per l’atletica. Così attorno al rettangolo verde con le due porte dedicato allo sport nazionale, veniva fatta la pista per l’atletica. Il pubblico, rispetto ai vecchi stadi anteguerra – come il “vecio Bintigodi” che sorgeva là dove adesso c’è l’Inps- rimaneva un po’ più lontano dal terreno di gioco e, tutto sommato, la partita domenicale se la godeva meno ma, si pensava allora, il gioco valeva la candela, perché almeno si prendevano due piccioni con una fava: stadio per il calcio e stadio per l’atletica.
Poi l’approccio con il calcio è cambiato. Le partite trasmesse in tv hanno indotto nel pubblico l’esigenza di stare più vicini al campo e così dalla progettazione dei nuovi stadi è scomparsa la pista e la loro pianta è tornata ad essere quella anteguerra. Solo che la concezione di stadio è tutta diversa dalle precedenti: adesso si progettano contenitori più piccoli ma multivalenti di varie attività del tempo libero: calcio, ma anche ristoranti, caffè, palestre, cinema, teatri, sale riunioni ecc.
Ed è proprio questo il modello del nuovo stadio che dovrebbe sostituire il Bentegodi, concepito negli anni ’60, restaurato e ampliato in occasione dei campionati mondiali di calcio del 1990, ma oggi superato. L’amministrazione Sboarina ne ha fatto una bandiera. La sua realizzazione richiederà 120 milioni di euro, tutti a carico dei privati, quindi niente con i soldi dei veronesi che invece potranno beneficiare dell’opera in termini di mille posti di lavoro e di commesse alle imprese del territorio. Inoltre, un nuovo stadio permetterà anche di affrontare la riqualificazione del quartiere Stadio, con più verde, nuovi servizi, una gestione diversa del traffico, valorizzando quanto rimane della città-giardino della prima metà del Novecento e favorendo la ricostruzione della parte residenziale. Anche la narrazione della Città sarà diversa aumentando la sua attrattività, con la capacità di offrire spazi e strutture nuove per quei grandi eventi necessari a riportare il turismo a Verona.