E’ morta ieri stroncata da un infarto Nidia Cernecca, presidente dell’Associazione Nazionale Congiunti Deportati Italiani in Jugoslavia, punto di riferimento degli esuli giuliano-dalmati. Era nata a Gimino d’Istria, vicino a Pola, nel 1936 e nonostante l’età era ancora attivissima nell’attività di tenere alta la memoria della tragedia degli italiani delle terre di Istria, Fiume e Dalmazia, massacrati dai partigiani comunisti jugoslavi o costretti a fuggire in Italia perdendo le loro case e tutti i loro beni confiscati dal regime del maresciallo Tito.
Se oggi c’è il “giorno della memoria” ( il 10 febbraio di ogni anno) e possiamo ricordare il genocidio degli italiani gettati vivi nelle foibe, lo dobbiamo anche alla incessante attività di Nidia Cernecca che è stata instancabile nel sensibilizzare in ogni modo, con libri, convegni e interventi personali l’opinione pubblica e la politica su quella che era diventata una tragedia dimenticata. Dimenticata perché la real politik dei governi di centrosinistra delle Prima Repubblica, culminata nel Trattato di Osimo che ha messo una pietra tombale sulle legittime rivendicazioni degli esuli, aveva preferito lasciarla svanire nel tempo. E bisogna dare atto alla destra, di cui la Cernecca non ha mai nascosto di far parte, dal Movimento Sociale ad Alleanza Nazionale a Fratelli d’Italia, di aver sostenuto quella battaglia e di aver contribuito in maniera determinante a rendere attuale la memoria di quei massacri.
Nall’ambito della sua missione personale in favore della verità storica, Nidia Cernecca è anche riuscita a scoprire l’assassino di suo padre, Giuseppe Cernecca, assassinato a Rovigno dal partigiano comunista Ivan Motika. Crimine particolarmente odioso per il fatto che i partigiani titini dopo l’omicidio, tagliata la testa di suo padre, si misero a giocare a calcio come se fosse una palla sulla piazza del paese.