(di Gianni De Paoli) Nel 1992 la rete autostradale italiana è stata svenduta ad alcuni imprenditori che ne hanno tratto enormi ricchezze, dato che i pedaggi fruttano 6 miliardi di euro l’anno, di cui allo Stato vanno poco più di 800 milioni. Un bel business. Che cosa c’è di meglio che star lì con la borsa aperta ed aspettare che vi cadano miliardi di euro? Per la verità ci sono anche delle spese: manutenzione e personale. Ma ogni anno più di un miliardo di euro arriva nelle casse di Gavio, Benetton e compagni.
Le autostrade, come l’acqua, l’energia, la salute, l’istruzione, la difesa e la sicurezza sono strategiche per l’Italia e logica vorrebbe che fossero in mano allo Stato, che però troppo volte ha caratterizzato la sua gestione con inefficienze, sprechi e ruberie. Ciò però non significa che si debba lasciare che dei privati s’arricchiscano con le autostrade.
Fra privatizzazione e nazionalizzazione c’è una terza via. Un esempio lo abbiamo avuto sotto gli occhi proprio qui a Verona per anni: l’autostrada Brescia-Padova, la più importante e trafficata d’Italia, per decenni è stata gestita da una società di diritto privato formata da soci pubblici: istituzioni locali, province e comuni. I risultati sono stati eccellenti, perché all’efficienza dell’assetto privatistico è stata abbinata la possibilità che i guadagni, anziché finire nelle tasche di qualche imprenditore, fossero utilizzati per costruite numerose opere pubbliche sul territorio di cui godiamo tutt’ora. La proposta che Zaia ha fatto al ministro De Micheli va proprio in questo senso. Il governatore le ha presentato un documento contenente il “progetto di gestione del Polo Autostradale del Nord Est” da parte della CAV ( Concessioni Autostradali Venete) che attualmente gestisce il passante di Mestre.
La concessione durerebbe per 30 anni a partire dal 2026, anno in cui scade la concessione attuale dell’A4 Brescia-Padova e consentirebbe di reinvestire gli utili in opere pubbliche a vantaggio del territorio.