(di Gianni De Paoli) Referendum: Renzi lascia liberi i suoi elettori, non prende posizione, anche se per lui il taglio dei parlamentari è una riforma inutile. Traducendo dal politichese: o si fa una riforma istituzionale complessiva o tanto vale lasciare le cose come stanno. Ma non se la sente di dire no. Dopo la batosta del referendum 2016 aveva promesso che sarebbe andato “a casa”. Avevamo capito che si sarebbe ritirato a vita privata. Lui a casa c’è andato, ma a modo suo. In realtà ha preso tutti in giro e adesso ce lo ritroviamo ancora a pontificare con la sua camicia bianca e la sua faccia da bambino bugiardo. Imbonitore, furbo, dotato di una bella parlantina Renzi è tutt’altro che stupido e siccome si vuole rifare una verginità centrista, da bravo ex giovane democristiano evita di prendere posizione. Mi raccomando, dice il chiacchierone toscano, non personalizzate il referendum, come stato fatto nel 2016, che per come è finito (gli brucia ancora) mi ha costretto alle dimissioni!
Ma quel referendum non fu personalizzato, ma contestualizzato, ovvero valutato non solo nel merito, ma anche nel quadro politico complessivo. E proprio perciò la sua riforma venne bocciata dagli italiani. Allo stesso modo il referendum del 20 settembre va contestualizzato nell’attuale situazione politica e non valutato solo alla lettera. Non si tratta quindi di dire solo un sì o un no al taglio dei parlamentari, ma di capire chi ha voluto questo taglio, a chi fa comodo e che effetti produce una sua bocciatura. Ed è presto detto. Il taglio dei parlamentari è un passo ulteriore verso la riduzione dei margini della democrazia, fa comodo alle lobbies, non ai cittadini, ed è una bandiera grillina. Per questo la sua bocciatura significherebbe la fine dei cinquestelle. Se poi coincidesse anche con la vittoria -molto probabile- del centrodestra alle regionali, Mattarella farebbe fatica a continuare a far finta di niente.