(di Giorgio Massignan, VeronaPolis) Presento alcune mie valutazioni sul prossimo referendum, con la speranza che possano essere di stimolo per un dibattito civile. Personalmente, ritengo che al prossimo referendum, sia che vinca il si oppure il no, non cambi sostanzialmente nulla.
L’eventuale vittoria del sì, non cambierà la sostanza della nostra Costituzione e, purtroppo, non credo servirà a riqualificare il corpo parlamentare. L’eventuale vittoria del no, manterrebbe l’attuale rappresentanza sul territorio, ma aumenterebbe il potere delle segreterie dei partiti, confortate dal voto popolare.
Quello che i nostri parlamentari avrebbero dovuto fare da tempo, è una nuova legge elettorale, che riconsegni al popolo il potere di scegliere i propri candidati, sottraendolo alle segreterie dei partiti. La vergognosa manfrina di leggi, sul tipo del Porcellum, illustra più di qualsiasi analisi, la serietà dei “nostri” rappresentanti. Sarebbe auspicabile il ritorno al Mattarellum ma, in quel caso, nessun candidato avrebbe la poltrona assicurata. O, meglio ancora, il doppio turno alla francese. In sostanza, la vera necessità è avere un cambio della legge elettorale, che non sia fatta per favorire un partito o una coalizione, come si fa da troppo tempo, ma per eleggere i migliori.
In questo periodo, in cui la politica ed i politici sono intesi, con qualche ragione, come fattori negativi e parassitari della società, la proposta del M5S, che parla direttamente alla pancia del popolo, non poteva che essere accolta come una sorta di angelo vendicatore. In realtà, ritengo che se dopo il referendum, qualunque sia il risultato, non si metterà mano al meccanismo elettorale, non cambierà nulla.
Se vincesse il si, mantenendo l’attuale legge elettorale, si rischierebbe che qualche area del paese possa rimanere senza rappresentanti, ma con il potere attuale delle segreterie nella scelta dei candidati, probabilmente non se ne accorgerebbe nessuno. Ma, potrebbe essere un duro messaggio inviato alla cosiddetta casta, per invitare le segreterie a scegliere candidati migliori e più competenti e questo, se accadesse, sarebbe un discreto risultato.
Da considerare che, quando il M5S portò in Parlamento il loro “taglio”, fu votato quasi da tutti; probabilmente i vari parlamentari temevano il giudizio popolare. Ora, molti loro, hanno cambiato idea. A sostegno di coloro che ritengono crollata la credibilità del nostro Parlamento, voglio ricordare, come esempio, il voto sulla nipote di Mubarak.
Concludo, con la convinzione che, qualunque sarà il risultato del referendum, senza una radicale trasformazione della legge elettorale, possibilmente con un sistema maggioritario a doppio turno, la qualità dei nostri rappresentanti in Parlamento, rimarrà la stessa.