(b.g.) L’appello è quello del “voto utile” che ricorda tanto il fine campagna elettorale della vecchia DC che, ad ogni tornata, negli ultimi giorni piazzava il “colpo del ’48. L’invito a non disperdere il voto in mille rivoli, in tanti partiti con poche chance di essere presenti nel prossimo Consiglio regionale: meglio un Pd più forte che l’assenza di opposizione. Gianni Dal Moro , uno dei leader dei Dem a livello nazionale, chiama tutti al pragmatismo nell’urna: «Attenzione – spiega a L’Adige – a non lasciare tutto nelle mani di Luca Zaia: l’assenza di opposizione forte non fa il bene della democrazia, e non fa bene neppure a Zaia: senza controllo e bilanciamenti è un attimo perdersi. Non è un attacco personale al governatore, sia chiaro. Ma è il senso della battaglia del Pd in questa tornata elettorale: dobbiamo garantire il corretto funzionamento della vita democratica del Veneto. E per questo ribadisco: non disperdiamo il voto, convergiamo tutti su un blocco forte d’opposizione in Regione e quel blocco – oggi – non può che essere il Pd».
Addirittura Zaia un pericolo per la democrazia, manco fosse Salvini…
«Zaia è l’altra faccia della medaglia Salvini, è il “poliziotto buono”, ma non ricordo una sola volta che si sia smarcato dal suo leader. Prendiamo il Mes: Zaia sa perfettamente cosa potrebbe fare con quei soldi, quali nodi della nostra sanità pubblica affrontare, eppure non si sposta dalla linea ideologicamente contraria di Salvini. E quest’ultimo, non a caso, “usa” Zaia come esempio di buon governo per far dimenticare Fontana. E’ un gioco delle parti, non ci caschiamo».
E come spiega allora la grande affermazione che si prospetta per il governatore?
«Dopo quattro mesi di presenza quotidiana su giornali e televisioni cosa si aspettava? Una narrazione tutta al positivo nonostante le evidenti contraddizioni e gli sbandamenti: lockdown si, lockdown no, cinesi magna-topi, foresti untori, turisti amici…questo racconto a senso unico sta funzionando. Ma in verità sta nascondendo la polvere sotto il tappeto».
Fra le ragioni del dominio Zaia non c’è anche la debolezza del vostro candidato, Arturo Lorenzoni? Non è riuscito a monetizzare neppure la malattia…
«Lorenzoni è una bravissima persona, preparata, onesta e competente. Basta parlarci per pochi minuti per capirlo. Certo, non è uno che vuole piacere sempre, non è un piacione a tutti i costi, è un professore universitario, ha un ruolo, non è un mestierante…rispetto alle figure demagogiche e populiste parla un altro linguaggio. Magari sarà meno “animale politico” di Zaia, ma sulla sua “validità” come proposta non accetto ora dubbi o remore. La colpa non è sua…»
La colpa?
«Era evidente che la competizione era difficile, ma noi – intendo il Pd – siamo arrivati a presentarci agli elettori in ritardo, sempre presi dal conflitto se scegliere un “rappresentante della società civile” oppure un “professionista”. E mentre discutevamo di questo, il programma è andato a rilento e abbiamo iniziato a parlare con la gente troppo tardi. E’ una lezione che dobbiamo apprendere, una buona volta: le campagne elettorali le debbono condurre i politici, gente che sa come si parla a tutti, come si conquistano i voti uno per uno. E ci vuole un programma da condividere e far conoscere almeno un anno prima se si vuole costruire un’alternativa».
Magari costruendo un’alleanza anche…
«Presentarsi divisi è colpa di tutti noi: dovevamo fare di più per riuscire a costruire un progetto che comprendesse nel Veneto anche Renzi, Calenda. Dovevamo cercare di portare vicino a noi realtà interessanti: le Sardine, il mondo ambientalista…L’ambiente è la preoccupazione delle famiglie secondo tutti i sondaggi, ma non riusciamo a trasformare questa preoccupazione in un programma di governo. Non sono processi facili: non possiamo lanciare un’Opa sulle Sardine, ma dobbiamo costruire un percorso. Ecco, io spero che questa sia l’ultima elezione che “non” prepariamo. Già per le prossime Comunali nel 2022 dobbiamo cambiare registro».
Ci arriviamo. Ma, quindi, tutto da buttare in questa tornata?
«Non si prenda tutto il braccio, ora. Cose positive ci sono e pure tante. Ad esempio, la scelta di puntare sugli “amministratori” che sono la vera risorsa della politica in questo periodo storico tanto a destra che a sinistra. Guardo le candidature Pd a Verona e vedo Giandomenico Allegri che è stato il fondatore , il primo segretario, del Pd a Verona nel 2008 e che può vantare una solida esperienza nella gestione della cosa pubblica: dal Consorzio Zai al Comune di Sommacampagna dove è stato artefice della nostra riconferma alla guida dell’amministrazione cittadina. Insomma, profili di persone che non urlano magari, ma che sanno amministrare e che sanno riunire piuttosto che dividere. Sulla candidatura di Giandomenico Allegri, ad esempio, c’è l’appoggio tanto della sinistra Dem – Zingaretti, Orlando per capirsi – che dell’area più moderata – Franceschini ed io -».
Marco Adinolfi indica nel Veneto il laboratorio del prossimo governo…
«Mah, io penso che la vera novità sia questo ruolo rafforzato degli amministratori nel governo regionale. Gente con esperienza, che ha fatto, che si è preparata, che conosce i dossier e l’impatto sul territorio di problematiche vaste e politiche decise fra Roma e Bruxelles. Gente che, come Allegri, può essere un vero riferimento per Verona in Regione».
Torniamo alle Comunali 2022: le Regionali sono le elezioni di mid-term, avete due anni per scalzare Sboarina. Che farete?
«Il Centrosinistra deve fare una cosa sola, ed una soltanto: smetterla di dividersi fra partito e società civile ed individuare subito un candidato che sappia parlare alla sinistra come ai moderati (che sono maggioranza a Verona) e che scriva oggi il programma per la Verona del futuro. Oggi, non sotto le elezioni. Dobbiamo battere Sboarina con le sue stesse armi: lui non ha fatto così quando si è costruito con Battiti la sua candidatura? Ha iniziato a muoversi più di un anno prima. Le Regionali faranno storia a sé. Dobbiamo pensare già da martedì a candidatura e programma unico per Verona. Altrimenti, non ne verremo mai a capo».