Il trionfo di Zaia pone paradossalmente un problema alla Lega. Un problema di crescita, ma pur sempre un problema. E come tutti i problemi richiede una soluzione. Salvini è riuscito a trasformare la Lega dal partito territoriale e secessionista di Bossi in un grande partito nazionale di destra, riempiendo il vuoto lasciato da Alleanza Nazionale dopo la distruzione made in Fini, buttando nella spazzatura le ampolle con l’acqua del Po e facendola diventare il primo partito d’Italia. Chapeau! Qualche errore l’ha fatto anche lui, come l’essersi impelagato nel governo con Di Maio ed aver fatto male i conti nel lasciarlo. Ma, si sa, nessuno è perfetto.
Ora il trionfo di Zaia pone alla Lega un problema, ma non di leadership, come si pensa. Zaia non verrà ucciso com’è capitato agli altri capi della Liga Veneta (Rocchetta, Comencini e Tosi). La partita non è più fra Veneti e Lombardi, si gioca su un altro livello: quello della linea politica. La Lega deve scegliere fra la linea politica populista ed urlata di Salvini e quella borghese e tranquillizzante di Zaia.
Se la Lega pensa di andare al governo – e prima o poi le elezioni dovranno pur farle– non ha alternativa: dovrà scegliere la linea Zaia, anche perché sarà lui il premier. Salvini s’è già giocato le sue carte andando governo coi grillini e giocoforza dovrà allinearsi, ma nessuno metterà in discussione il suo ruolo di capo della Lega. Entrambi dovranno giocare di sponda per far convivere l’anima pragmatista di Zaia con quella populista di Salvini. Non ci sarà, come ai tempi di Bossi, la Lega “partito di lotta e di governo”, esperimento fallito, ma solo una Lega di governo.
Snodo fondamentale la realizzazione dell’Autonomia. Lo zoccolo duro, appagato, accetterà di buon grado la linea di Zaia premier e Salvini potrà continuare ad essere il capo della Lega ed il maggior azionista nella compagine governativa. E così vissero tutti felici e contenti.