(di Bulldog) Quattro ore di commissione non sono bastate a mettere d’accordo i consiglieri comunali sulla fusione AGSM-AIM che entra nella sua settimana decisiva: l’8 ottobre voterà il consiglio comunale di Vicenza, a ruota dovrà farlo Verona per arrivare già al 12 ottobre alle assemblee delle due società, quindi al deposito delle risultanze da cui decorreranno i 60 giorni necessari per iscrivere eventuali opposizioni da parte dei creditori delle due municipalizzate per poi avere il prossimo 1 gennaio la nuova AGSM.

I consulenti delle due società hanno presentato il nuovo piano industriale e come si vorrà organizzare e gestire la nuova AGSM (si tratta pur sempre di una fusione per incorporazione e chiamare oggi la newco Muven è un modo per indorare la pillola ai vicentini anche se, pare, che dei “creativi” siano già all’opera per individuare un nuovo brand): ovvero, l’argomento principe per la politica.

Dal punto di vista industriale le novità e le cose interessanti non mancano. Partiamo però dalla conduzione della nuova AGSM. Già si sapeva del Cda a 6 con presidente e consigliere delegato di nomina scaligera e vicepresidente berico. Si è parlato di un parere vincolante che Vicenza esprimerà sul consigliere delegato che è il “vero” capo-azienda del futuro. Ebbene, Vicenza potrà guardare il suo curriculum e basta. Se Verona porta un manager qualificato quello è e quello resterà. E non è un distinguo da poco: al consigliere delegato faranno riferimento i sei uomini-chiave che guideranno le sei business unit che nasceranno dalla incorporazione di tutti i diversi servizi. Faranno capo a lui e a lui solo; a lui risponderanno se non raggiungeranno gli obiettivi fissati e verranno scelti, al momento, fra i manager interni più qualificati partendo dai curricula e non dalla provenienza. In teoria, potrebbero essere tutti veronesi o tutti vicentini: conterà la loro fedeltà al consigliere delegato e quanto vicini andranno al target. Suo sarà infatti tutto il potere di nomina e di revoca. Gli uomini-chiave, i key managers, si faranno la loro squadra e già si parla di un lotto di una cinquantina di assunzioni e nomine da gestire nei prossimi anni.

Al consigliere delegato viene dato anche il potere di discostarsi leggermente dal business plan (5% al massimo con l’obbligo di rientrare entro il 2024 di eventuali scostamenti alla redditività e 5 milioni come limite per le operazioni immobiliari). Al presidente toccherà guidare il “Comitato dei Territori” formato da CDA e Sindaci delle due città; nella “balance of power” a lui riferirà l’internal auditing.

Alla politica verrà dato meno spazio (almeno, questo dice il piano: governance non pletorica, spiega…poi si vedrà). Per capirsi, Verona passerà da 21 nomine politiche a 9 (nove) di cui tre nella capogruppo e le altre  nelle sei operative. Quanti di questi posti andranno alle minoranze – altro tema caldo -non è dato sapere al momento. Le sei operative saranno queste: generazione (cioè la produzione di energia, la sfida sarà la transizione energetica del mercato); reti elettricità e gas (la sfida sono le gare Atem e la digitalizzazione della distribuzione); retail di energia elettrica e gas (qui la minaccia è rappresentata dalla fine del mercato tutelato ed allo sbarco di tanti nuovi operatori con conseguente battaglia sui prezzi); teleriscaldamento e cogenerazione (anche qui il problema sta nella nuova regolamentazione del mercato e nell’obbligo di ridurre i consumi in produzione per  rispettare l’agenda 2030 dell’Unione Europea); ambiente (raccogliere l’immondizia non sarà più sufficiente, bisogna ragionare nell’ottica dell’economia circolare, di nuovi impianti di trattamento e di smaltimento); business innovativi (illuminazione pubblica più le “varie ed eventuali” come mobilità elettrica, telecomunicazioni, smart city che oggi significa poco o nulla, ma fa tanto figo nei power point dei consulenti). Tre società a Verona, tre a Vicenza.

A illustrare la nuova AGSM ai consiglieri comunali, i consulenti storici della “vecchia” Muven: l’avvocato Gregorio Gitti di Brescia (che dopo più di un anno ancora non ha trovato il modo di conquistarsi il consiglio comunale) e Roland Berger che è lo specialista di settore ( che ha usato invece  la vecchia tattica degli inglesismi e degli acronomi per spezzare le gambe ai consiglieri): se l’8 tutto questo verrà bocciato in aula, una buona responsabilità sarà da ascrivere alla narrazione adottata.

Quanto vale AGSM? La “nuova” sta sui 700 milioni €. Fra le righe resta anche l’opzione di una sua quotazione.

Il piano industriale. Verona fattura 1,1 miliardi, Vicenza 292 milioni. Il margine operativo lordo di Verona è di 98 milioni, quello di Vicenza 49. Saranno più bravi a vendere, probabilmente, ma mancano dei costi di produzione e dei relativi ammortamenti. Verona ha 31 milioni di utili netti, Vicenza 11. Assieme viaggiano quindi verso 1,5 miliardi di fatturato e 150 milioni di margine operativo lordo. La vera forza dell’operazione sta però nel piano di investimenti che la nuova AGSM ha in mente di fare da qui al 2024: ben 730 milioni €, di cui 628 spesi nel Triveneto, e di questi 200 destinati all’acquisizione di tutti i punti di riconsegna della distribuzione del gas se mai si vincerà la gara Atem di bacino sulla distribuzione del gas. Vorrà dire risarcire gli attuali proprietari, ma anche diventare il player principale di un territorio molto ampio. Da lì in poi si staccheranno le fatture. La ricaduta degli investimenti, l’indotto generato in cinque anni, sarà di 1,5 miliardi circa: una bella botta di ossigeno per migliaia di imprese venete.

Alle reti elettriche e del gas andranno complessivamente 455 milioni di investimenti; al business ambientale 65; alla illuminazione pubblica ed alle telecomunicazioni ben 41; alla produzione delle rinnovabili 120: questi saranno i quattrini spesi fuori dal Triveneto dato che l’eolico in Italia si può fare sull’Appennino tosco-emiliano e un po’ al Sud; il fotovoltaico vero al Sud. Ci sono diversi impianti in progettazione al momento che stanno combattendo con i soliti comitati locali di quelli che non vogliono il petrolio, non vogliono l’eolico, ma vogliono accendere la luce quando cazzo gli pare comunque…

Altro punto di forza: la capacità di generare reddito. Il MOL passerà da 130 a 200 milioni in cinque anni con una crescita annua composta del 15%. Pochi faranno meglio della nuova AGSM in Italia con una grande capacità di coprire gli investimenti coi flussi di cassa derivanti dalla propria attività. Non è cosa da poco.

Centrale del Mincio. Oplà, la centrale non c’è più. Il simbolo negli Anni Settanta dalla capacità industriale di AGSM è oramai un “virtual power plant”, usa combustibili fossili, è gestito da A2A e va in funzione proprio quando conviene davvero: ha un potenziale di 171 MW e la quota scaligera è del 45%. Nel 2018 ha prodotto 356 GWh con una riduzione del 35% circa sull’anno precedente. Metterla nella fusione avrebbe voluto dire diluire ancora di più Vicenza oppure non conteggiarla nei cespiti a svantaggio di Verona. Così non entra nella nuova AGSM e verrà venduta ed il ricavato sarà un dividendo straordinario per l’azionista Comune di Verona. Quanto si incasserà? Non si sa ancora, presto per dirlo. Valutare il futuro della Centrale del Mincio non sarà facile.

 AGSM Albania. Tutte le controllate hanno fatto i compiti a casa chiesti dagli advisor. Tirana ha fatto orecchie da mercante. Quanto vale? Che business plan ha? Pare sia un mistero. Si va verso la vendita; il suo patrimonio vale un milione a quanto pare. Acquirenti cercansi.

Amia. Politicamente è un bel boccone e in tanti la vorrebbero ancora gestita in-house dal Comune. Per ora, invece, finirà nella nuova AGSM ad un valore stimato di 30 milioni sui 90 complessivi che cuba il settore ambiente. Perché deve restare in AGSM? Alla domanda dei consiglieri la risposta è semplice: al momento non c’ chiarezza sull’opzione in-house, la fusione va fatta ora, quindi per ora è dentro; dal 2021 si ridiscute tutto. Ad AMIA ed al settore ambiente finiranno 20 milioni di investimenti dedicati: 4,6 vanno a bonificare la discarica di Canova che è in gestione post-mortem, ma va messa in sicurezza definitivamente e chiusa. Il resto per l’adeguamento dei mezzi di raccolta: veicoli e cassonetti. Soltanto un cambio di tecnologie permetterà infatti a Verona di passare dal 50% di differenziata al 65% atteso a fine 2024.  Vicenza è già all’80 e ci guarda dall’alto in basso.  I movimenti su Amia porteranno ad un ridisegno anche su Serit e le controllate del settore con possibili nuove aggregazioni. Su Amia la politica non accetta un ruolo subalterno rispetto a manager e consulenti ed ha chiesto un supplemento di  analisi prima di andare in aula.

Cà del Bue.  Lo credevate un inutile ammasso di ferraglia arrugginita? Beh sbagliavate. La sua vera giovinezza inizia adesso. Ci sono una valanga di incentivi sull’economia circolare che rendono Cà del Bue un boccone prelibato. Una valanga di operatori è interessata alla gara per il suo revamping che poi è l’ammodernamento…Un biodigestore, la produzione di biometano, nuove tecnologie. Sarà un impianto che gestirà 80mila tonnellate di rifiuti, fra organico e verde. Soltanto dal biometano incasserà oltre 6milioni€ l’anno. Tutta roba che prima veniva buttata via. Certamente, Cà del Bue potrebbe diventare un impianto modello come Brescia, Vienna e Copenhagen ma qui siamo a Verona, non in una realtà così banale da valorizzare i rifiuti. Meglio affittare i capannoni vuoti alla ‘ndrangheta per stoccare la monnezza del sud, tanto finché non gli si dà fuoco mica produce diossina…