(di Gianni De Paoli) La fusione Agsm-Aim è uno dei fatti più importanti dell’amministrazione Sboarina. Onestamente, una vittoria del sindaco e dell’assessore alle partecipate Daniele Polato che, dopo aver incassato un clamoroso stop al progetto di un accordo a tre (Verona-Vicenza -Milano) con A2A, hanno rovesciato la situazione ed ora possono presentare una realizzazione in vista delle elezioni del 2022.
La fusione con Vicenza non è comunque solo figlia del sindaco. E’ stato Flavio Tosi il primo a pensarla e a portarla avanti, ma per vari motivi non era riuscito a chiuderla. Ora finalmente si realizza. Ma sarebbe un errore considerarla un punto d’arrivo. Dev’essere un punto di partenza. Non a caso un ruolo centrale sarà ora quello di Daniele Polato, consigliere regionale in odore di assessorato: toccherà a lui infatti valorizzare davanti a Luca Zaia l’unica multiutility veneta esistente affinché nasca una più ampia aggregazione territoriale di società di servizi. Soltanto nel Veneto ci sono ancora indipendenti Veritas Venezia (quasi 400 milioni di fatturato), quello che resta del gruppo ASM Rovigo (una parte è finita in AscoPiave) e una quindicina di piccole realtà comunali cui si possono aggiungere una decina attive nelle province contermini, rimaste escluse dai grandi colossi: da Brescia a Mantova (TEA fattura 300 milioni anch’essa), al pordenonese, al Friuli ed al Trentino. Alcune distribuiscono e basta, altre producono persino. C’è un polo da 2,5 miliardi di fatturato da creare attraverso un modello federale che salvi i territori. E c’è poi da riprendere il colloquio con Trento e Bolzano, che ora vede MuVen a 1,5 miliardi di fatturato e Verona come “capitale naturale“.
Tutto insieme, questo Nordest dell’energia sarebbe un campione europeo leader nella produzione (tutto da rinnovabili) e nella distribuzione nella più ricca parte del Paese. Così forte da avere come riferimento Bruxelles più che Roma.
Sarà così? Difficile dirlo. Saranno i fatti a raccontarci se sarà questo il futuro della più grande azienda pubblica di Verona che, associata ad altre società pubbliche, potrà avere le dimensioni e la forza per affrontare le sfide del mercato dell’energia.
Ma qualche dubbio c’è, se non altro perché l’impianto del contratto con Vicenza è frutto della consulenza di quello stesso advisor e di quello stesso studio che avevano promosso e portato avanti l’accordo con A2A secondo logiche un po’ diverse da quella di porre Verona al centro dell’operazione. Difficile pensare che chi aveva perseguito quell’obbiettivo con tanta pervicacia l’abbia lasciato cadere senza fare una piega, almeno in apparenza. Non vorremmo che quello che è stato cacciato dalla porta rientrasse poi dalla finestra attraverso qualche super manager della “Mu-Ven”, combinazione lo stesso che avrebbe voluto l’aggregazione con A2A. Lascia qualche perplessità anche il minor controllo che la proprietà, cioè i cittadini, potranno esercitare su “MU-Ven” attraverso i propri rappresentanti all’interno degli organi statutari, dato che il loro numero è stato ridotto da 21 a 9. Un omaggio all’antipolitica, ma anche un modo per lasciare la mano più libera a chi arriverà a guidare di fatto l’azienda.