(di Carlo Rossi) Non si terrà quest’anno causa Covid la giornata consueta dedicata alla Castagna Dop, prelibato frutto dell’autunno, a San Zeno di Montagna. Salta purtroppo un tradizionale evento che aveva anche avuto il merito di allungare la stagione turistica sul lago e il suo entroterra. L’incontro con il lago di Garda e il Monte Baldo rappresenta tradizionalmente uno tra i momenti culminanti dell’esperienza di moltissimi viaggiatori del mondo che, terminato il chiassoso periodo di stagione estiva, si sono innamorati della magia, del calore e dei tramonti  che l’autunno regala.

Uno in particolare il prodotto che rappresenta l’oro per il centro montebaldino di San Zeno di Montagna: le castagne, anzi i marroni. San Zeno di Montagna annovera una lunga storia di antropizzazione che affonda le proprie radici nella notte dei tempi. Si rimane stregati dai tramonti ottobrini che spaziano da questo balcone naturale con una grande varietà di sfumature, complice il cambiamento di colori della natura tutto intorno. San Zeno di Montagna, il paese dei tramonti, è un gioiello di bellezza unica. La Denominazione di Origine Protetta Marrone di San Zeno si riferisce alla specie Castanea sativa Mills, riconducibile alla varietà “marrone” ed è stata istituita nel 2003. La festa della castagna e la festa del Marrone Dop era ormai un appuntamento classico promosso dal Consorzio di tutela del Marrone Dop per salutare l’arrivo dell’autunno. Ristosanzeno , associazione di ristoratori del territorio, continua comunque a proporre ricette tipiche, previa prenotazione. Eccellente preparazione delle castagne Dop di San Zeno sono i cosiddetti peladei.

«Anche le castagne fanno la “novena”, ma le preghiere non c’entrano; i frutti vengono fatti riposare nove giorni in acqua per separare quelli difettosi, che vengono a galla, dagli altri buoni. È una tecnica antica, detta appunto novena, con cui sono trattati anche i marroni di San Zeno, coltivati con metodi tradizionali nella Comunità montana del Monte Baldo» dice Maurizio Castellani, sindaco di San Zeno di Montagna.

Alla “novena si può aggiungere anche la “rissara”: se la prima consiste nel far riposare i marroni in acqua fredda per 9 giorni cambiando parte o tutta l’acqua ogni 2, senza aggiunta di nessun additivo, la “rissara” invece, praticata da sempre su questi monti, consiste nell’accumulare all’aperto i frutti ed i ricci per 8-15 giorni. In entrambi i casi l’obiettivo è favorire una fermentazione naturale per far aprire il frutto e preservarlo da funghi, muffe e parassiti.

In alternativa ai peladèi, sulle pendici del Baldo si preparano i “biscoti”, che non c’entrano con i biscotti ma sono le caldarroste cotte nella padella forata, la “barbèra”: con i marroni di San Zeno, zuccherini e pastosi, sono una vera delizia. Fra le altre ricette della tradizione, l’immancabile castagnaccio, che qui si prepara con l’olio extravergine del Garda; il tronchetto di castagne, una variante locale del salame di cioccolato; la marronata; i marroni canditi alla grappa e allo sciroppo, ottimi con i dolci ma anche con i formaggi. Ultima arrivata la birra Castanea: forte, leggermente ambrata, pare abbia origine addirittura nel Medioevo. Ma con i marroni di San Zeno si preparano anche piatti insoliti e sfiziosi, che i ristoranti del posto propongono in occasione della sagra. Come il brodetto di ceci con canederli ai marroni.

Il nostro marrone è un prodotto naturale, di stagione e di nicchia e va protetto da tentativi di imitazione – afferma il presidente del Consorzio di Tutela, Simone Campagnari -. La sua particolarità risiede nel territorio di produzione, situato nella tradizionale fascia di vegetazione fra 250 e 900 mt. s.l.m. nella zona fra il Lago di Garda e il Monte Baldo. Non vengono inoltre utilizzati trattamenti chimici e l’intera filiera viene gestita con sistemi di lotta integrata biologica ad eventuali malattie.”.