Europa e Russia debbono uscire da questa fase di tensione politica perenne e tornare a parlare, partendo dall’economia, materia che storicamente ha contribuito a mantenere il dialogo nell’Eurasia. Al 13.mo Forum Eurasiatico di Verona – in svolgimento da questa mattina – arriva il forte richiamo e il grido d’allarme di Romano Prodi: «Partiamo dai dati dell’interscambio: ci dicono che l’Europa è di gran lunga il primo partner della Russia, ma sotto sotto i dati ci dicono che mentre decresce dal 42,2% al 39,4% il peso europeo nella bilancia commerciale di Mosca, crescono sia la Cina – dal 16 al 18% – e sia gli Stati Uniti – dal 4.1 al 4,7% – nonostante il clima politico difficilissimo e le sanzioni. Vuol dire, banalmente, che le sanzioni gli USA le fanno fare a noi, ma non ai loro imprenditori. Questa situazione è inoltre peggiorata dal crollo degli investimenti reciproci: gli investimenti significano che, al di là della tematica energetica, Europa e Russia programmano insieme il futuro, a lunga scadenza. Personalmente sono molto preoccupato, perché vedo un’assenza di dialogo preoccupante. Vedo una prosecuzione delle sanzioni senza scadenza, tanto che oramai rappresentano la “normalità”…
Non voglio attribuire responsabilità a destra o a manca, non è questo il problema, ma è evidente che un’Europa balbettante in politica estera ci impedisce di dialogare con Mosca. Questo impasse di Bruxelles emerge palesemente anche nel Mediterraneo. Siamo in silenzio anche quando Mosca e Ankara operano militarmente in Libia a poche miglia dalle nostre coste: è gravissimo e, soprattutto, ci rende difficile impostare una strategia comune euroasiatica per contrastare nel Mediterraneo e nell’Africa subsahariana la minaccia dell’estremismo islamico ancora assai temibile».
«Per ragioni opposte, ho visto tanto gli USA che la Russia cercare di dividere l’Europa: un esempio è il Nordstream non replicato, come programmato, nel Sud Europa. Questa divisione è la cosa peggiore che ci possa capire reciprocamente perché vedete – conclude Romano Parodi – , la pandemia non azzererà la globalizzazione, la trasformerà, riportando a livello regionale parti importanti di valore delle catene produttive un tempo tutte delegate fuori dall’Eurasia: è l’effetto mascherine che abbiamo dovuto correggere in fretta all’inizio della pandemia. Ci siamo mossi poco insieme anche nel dossier della “nuova vita della seta”: il rischio è di proseguire divisi senza una crescita di quegli investimenti multilaterali che avrebbero avuto un significato ben diverso del grande progetto cinese. Oggi c’è un primato militar-politico che condiziona i nostri rapporti: credo sia l’ora di tornare al dialogo politico fra di noi».