(di Angelo Paratico) Nel 1938 scomparve nel nulla uno dei più brillanti fisici teorici del mondo, aveva solo 31 anni. Parliamo di Ettore Majorana, appartenente a una illustrissima famiglia di baroni siciliani, ricca di scienziati e statisti. Scorrendo i loro nomi vien da pensare che, forse, l’intelligenza sia ereditaria, contrariamente a quanto si pensa e si dice. La sparizione di Majorana ricorda quella del maestro di Mario Draghi, il grande economista Federico Caffè, svanito a Roma, il 15 aprile 1987.
Ettore nacque nel 1906 a Catania e fu un bambino prodigio, si trasferì poi a Roma dove studiò presso i gesuiti. Poi s’iscrisse a ingegneria, come il padre Fabio Massimo e lo zio Quirino, ma passò a fisica dopo aver conosciuto Fermi. Entrò a far parte dei ‘Ragazzi di via Panisperna’, il gruppo di giovani scienziati che cambiò – non necessariamente in meglio – il corso della storia. Fermi e Majorana ebbero spesso delle accese discussioni, anche vere e proprie liti. Gli altri scienziati chiamavano Fermi il papà e Majorana l’inquisitore. Il giorno prima della sua scomparsa, Majorana consegnò a una sua allieva, Gilda Senatore, i propri appunti, dicendole di conservali. Davanti allo stupore della ragazza rispose che ne avrebbero riparlato. Lei li passò al marito, il quale li perse. La sera stessa, venerdì 25 marzo 1938, Majorana s’imbarcò per Palermo. Forse ritornò a Napoli il giorno successivo, forse no. Forse si suicidò, forse no. Forse fu ucciso da agenti inglesi. Forse fuggì in Argentina. O forse, come sostenne Leonardo Sciascia in un suo libro, si ritirò in un convento.
Andò a Palermo per un ultimo colloquio con Emilio Segrè che vi era stato trasferito da poco. Con Segrè, ebreo, si conoscevano dall’università ma la loro amicizia si era incrinata per una lettera che Ettore gli scrisse dalla Germania in cui magnificava le opere del Terzo Reich, suggerendogli di non preoccuparsi, perché in Germania gli ebrei non erano trattati male. In altre sue lettere Majorana aveva manifestato ammirazione per quanto il Nazismo stesse facendo in Germania e, infatti, una delle possibilità per spiegare la sua scomparsa resta un suo trasferimento in Germania. Questa è una teoria imbarazzante, dato che la visione corrente di lui è quella di un santino che si suicidò o si nascose, sconvolto dalle implicazioni di una guerra nucleare. Forse passò davvero con i nazisti e dopo la guerra si rifugiò in Sud America, dove si faceva chiamare Signor Bini. Nel 1978 grazie al giornalista Gino Gullace il settimanale “Oggi” scrisse che Ettore Majorana si trovava a Buenos Aires e nel 2010 fu pubblicata una foto (in alto) risalente al 1950, che mostrava il nazista Adolph Eichmann accanto a uno sconosciuto che qualcuno identificò in Majorana. Stavano su di una nave partita da Genova e diretta in Argentina.
Certo, questa è solo un’ipotesi, ma assai solida. Poggia su una verifica eseguita dalla maggiore istituzione italiana in fatto di indagini scientifico-forensi: quell’uomo con gli occhiali scuri, in piedi accanto ad Adolf Eichmann, potrebbe davvero essere il fisico siciliano sparito nel 1938.
«In quella foto, l’uomo con gli occhiali scuri alla destra di Eichmann potrebbe essere Ettore Majorana», disse Giorgio Dragoni, ordinario di storia della fisica all’Università di Bologna. Dragoni dedicò molti anni allo studio dello scienziato siciliano, a suoi rapporti con Enrico Fermi e con i colleghi della scuola di via Panisperna. Una delle ipotesi è che lo scienziato potrebbe aver deciso liberamente, o perché costretto, di mettere il suo genio al servizio della Germania nazista. «I primi indizi», spiega Dragoni, «sono in una lettera scritta subito dopo la scomparsa di Majorana da Gilberto Bernardini, al tempo giovane e brillante fisico, a Giovanni Gentile jr, fisico teorico, figlio dell’ex ministro Giovanni Gentile». Vi si legge: «Caro Giovanni, come puoi immaginare la notizia di Majorana mi ha dato una vera gioia. Non è molto bello forse, ma in compenso non è una cosa così tragica come si pensava e ci se ne può rallegrare». «Nel ‘74», continua Dragoni, «intervistai Bernardini, allora direttore della Scuola Normale di Pisa, e gli chiesi un chiarimento su quelle righe enigmatiche». «Lei sa che io conosco la scelta fatta da Majorana? Non è una scelta che le farà piacere», rispose Bernardini. «Ettore si trasferì in Germania per collaborare alle armi del Terzo Reich».
Dragoni aggiunse «Coinvolsi un avvocato di Assisi, Arcangelo Papi, grande appassionato della vicenda Majorana. Fu lui a farmi notare la straordinaria somiglianza tra il fisico siciliano e l’uomo alla destra di Eichmann nella foto pubblicata da Wiesenthal». I capelli, la pettinatura, la forma del viso, perfino l’abbigliamento ricordano Majorana. Ma la foto fu scattata nel 1950 e non è chiarissima. Dragoni si rivolse alla più prestigiosa istituzione italiana in fatto di indagini scientifico-forensi e con le nuove tecniche di indagine poterono elaborare al computer le foto del giovane Majorana e dello sconosciuto alla destra di Eichmann e poi metterle a confronto. Tutto torna: le distanze tra occhi, naso, bocca e mento sono le stesse nei due individui. E anche l’altezza dell’uomo sul ponte della “Giovanna C.”, ricostruita a partire da quella di Eichmann, coincide con la statura di Majorana. Ai tecnici rimane solo un dubbio sui padiglioni auricolari, e una fossetta sul mento. Gli investigatori conclusero l’indagine con un verdetto: «È altamente probabile che l’uomo alla destra di Adolf Eichmann fosse Ettore Majorana».
Questo è un pensiero troppo imbarazzante per molti, basti pensare a tutte le scuole che portano il suo nome, ma è davvero plausibile? Pensiamo di sì, e il giudizio che Enrico Fermi diede di lui è rimasto famoso: ‘Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene, Ettore era uno di quelli. Sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini: il buon senso’.