Dicevamo che la sanità veronese è scesa di livello. Non ha più le eccellenze di una volta. Non è più un punto di riferimento come lo è stata per molti anni. E’ decaduta. Come se un ciclo vitale si fosse concluso. E non si sa se ne inizia un altro.
Le cause sono diverse. Ha inciso sicuramente il fatto che la guida delle principali aziende sanitarie è stata consegnata a “manager” non veronesi, attenti più al bilancio da presentare a Venezia che al servizio ed allo sviluppo futuro. Ha pesato la scarsa attenzione della politica veronese alla sanità: c’è voluto il Covid per far capire alla politica quanto sia importante. Infine è stato determinante lo scarso peso politico di Verona in Regione e la progressiva emarginazione del nostro territorio. Ma se fino a ieri c’eravamo accorti tutti che è decaduta, oggi vedendo le nomine regionali ne siamo certi. Anzi possiamo dire che è in caduta libera.
L’assessore alla sanità, che è notoriamente il più importante essendo questa delega la più pesante, quella che movimenta più denaro, che ha il maggior numero di dipendenti e il maggior impatto sui cittadini è stata confermata Manuela Lazzarin, di Vicenza che conserva anche la delega al sociale che, come si sa, è strettamente collegato alla sanità, specie in Veneto dove esiste da sempre l’integrazione socio-sanitaria. Si sperava che almeno la presidenza della Commissione sanità toccasse a un veronese. Niente. Ma c’è di più. In questa Commissione Verona non ha neanche un rappresentate di maggioranza, cioè qualcuno che abbia titolo per agire, per rappresentare efficacemente le istanze della nostra provincia. C’è, è vero, un rappresentante della sinistra, Anna Maria Bigon del Pd, ma si tratta di una presenza d’opposizione, quindi ininfluente. Andreotti diceva che a pensar male si fa peccato ma il più delle volte ci si azzecca. Non ci sarà mica un disegno per affossare la sanità veronese in favore di Padova?