Verona non parla e nella gestione dei rifiuti nella nostra provincia  ognuno si prepara a far da sé: questa sera il Consiglio di Bacino Verona Nord ( presieduto dal sindaco di Sona, Gianluigi Mazzi) che coordina cinquant’otto Comuni della zona nord di Verona, della Lessinia e della costa gardesana, deciderà di procedere con la costituzione di una nuova società per la raccolta dei rifiuti nel proprio territorio. Si dà così esecuzione ad una delibera adottata dai sindaci nel recente passato con la redazione del piano d’ambito cui seguirà adesso il piano finanziario vero e proprio. A seguire questo processo dovrebbe essere una società-veicolo che andrà a recuperare personale e know-how del Consorzio Verona 2 Quadrilatero (trovando così una soluzione anche alla sua liquidazione) e fra 12, massimo 18 mesi, la società sarà pronta per prendere in-house la gestione dei rifiuti che oggi è affidata a Serit. In-house vuol dire senza fare una gara per affidare il servizio in quanto tutti i soci saranno realtà pubbliche, in questo caso i 58 Comuni.

Il ragionamento dei sindaci è semplice: abbiamo la necessità di chiudere, come impone la norma, il ciclo dei rifiuti e i rifiuti del nostro territorio sono molto quotati, sono ottimamente riciclati, provengono da un largo territorio che consente di avere numeri importanti di materiale da trattare e permettono così una buona redditività. Redditività che oggi va nei conti di Serit, della sua controllante Amia e dell’azionista unico Comune di Verona. Che certo non investirà mai nelle isole ecologiche a nord del suo territorio o nella raccolta porta-a-porta in Lessinia.

I Comuni avevano ventilato l’ipotesi di entrare nel capitale di Serit, così da avere voce in capitolo negli investimenti, ma la complessità dell’operazione AGSM-Aim Vicenza ha di fatto interrotto le comunicazioni lasciando in sospeso la questione. Serit, ad oggi, opera nel Bacino Nord sulla base della proroga di un contratto pre-esistente e così sarà anche per il prossimo semestre: un lasso di tempo che non lascia evidentemente tranquilla la società scaligera che ha trecento dipendenti e un patrimonio di mezzi non indifferente.  La soluzione cui puntava l’attuale presidente Massimo Mariotti era quella di chiudere il cerchio realizzando un’unica struttura provinciale per la raccolta e la valorizzazione dei rifiuti. Vorrebbe dire cambiare l’azionariato e, probabilmente, modificare anche il perimetro societario della nascente MuVen dove è compresa AMIA (ma non la consorella berica). Vorrebbe dire, soprattutto, sistemare una volta per tutte la struttura della gestione politico-amministrativa del ciclo dei rifiuti che, per norma, dovrebbe essere chiuso: ogni ambito territoriale (Verona ne ha tre contro l’uno per provincia in quasi tutto il Veneto: e anche questo andrebbe in qualche modo sanato) dovrebbe curarsi della raccolta, della differenziazione, della valorizzazione di quanto possibile, e dello smaltimento della parte restante, che – al massimo – non dovrebbe superare il 25% del totale della raccolta. Limite che Nord e Sud della provincia raggiungono, il capoluogo no. Dei tre ambiti veronesi, poi, soltanto quello a sud chiude davvero il ciclo potendo contare sulla discarica di Torrette nel Legnaghese.

Ma di cosa stiamo parlando? I 931mila veronesi producono ogni anno 463mila tonnellate di rifiuti, 496 chilogrammi a testa; la componente RSU “cuba” 144mila tonnellate (154 kili a testa ogni anno). AMIA e la controllata Serit (al 99%) governano  i tre quarti del mercato e possono utilizzare Cà del Bue per la selezione e lo sfruttamento della RSU. Transeco, altra società controllata in toto da AMIA si occupa del trattamento e del recupero dei rifiuti speciali. Questo polo a tre, dicevamo, tratta – chilo più, chilo meno – 340mila tonnellate di materiale l’anno, il 73% di quanto produce la nostra provincia. Questo polo a tradizione cittadina aveva accesso anche ad EsaCom che fa lo stesso lavoro di Serit, ma per la zona Sud della provincia, in virtù della quota del  40% del capitale, ma da lì il polo scaligero è uscito per dar spazio ai Comuni della Bassa. Ad operare poi c’è anche Bovolone Attiva e potenzialmente anche l’Azienda Gardesana Servizi che oggi è attiva nel ciclo delle acque della costa scaligera e della delicata gestione del collettore e del depuratore del Garda: un impegno milionario, ma la possibilità di ampliare il servizio anche alla raccolta dei rifiuti viene monitorata con attenzione.

Il nodo resta però uno: o il Comune di Verona detta la via, indica una strada che aggreghi anche gli altri territori, oppure i sindaci interpreteranno il silenzio come un “liberi tutti” avviando nuove società che toglieranno automaticamente il lavoro a Serit e ad Amia. Con ripercussioni non calcolabili sulla forza lavoro, sugli investimenti possibili nel settore ambientale (come il revamping di Cà del Bue oggi contestato politicamente da sinistra e amministrativamente da San Giovanni Lupatoto e dalla Provincia), e sul peso stesso di Verona in MuVen.  Un bel rebus per Federico Sboarina, da chiudere prima del 31 dicembre.