E’ passata sotto traccia  la proposta di riforma della cassintegrazione avanzata da Giorgia Meloni con la realizzazione di un sistema unico di sostegno al reddito tanto per i lavoratori dipendenti che per gli autonomi. Un silenzio che fa specie dato che proprio l’emergenza Covid ha creato una frattura fra queste due categorie fra garantiti e no, coi primi a beneficiare di un sistema di sostegno al reddito più vantaggioso in caso di perdita del lavoro – col rischio concreto di veder uscire dallo sforzo produttivo diverse decine di migliaia fra autonomi e professionisti che registrano dagli inizi del secolo una costante contrazione del reddito reale percepito: il 14% in meno negli ultimi quattordici anni.

In sede di conversione del Decreto Cura Italia, FdI ha presentato un emendamento volto ad utilizzare lo stesso metodo di calcolo utilizzato nella CIG per determinare l’ammontare delle indennità destinate ai lavoratori autonomi, ovvero considerando l’80% di un 1/12 del reddito lordo da lavoro autonomo risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi presentata e con gli stessi limiti di importo mensili previsti per la CIG. A parte due bonus da 600€ per autonomi e professionisti dallo Stato non è arrivato altro in questi mesi di emergenza, eppure le perdite di fatturato quest’anno viaggiano ben oltre il 50% deprimendo ancora di più il reddito degli autonomi. Non a caso, l’uscita dei giovani dalle professioni è evidente e drammatica: fra i professionisti iscritti alle venti casse autonome di previdenza, la percentuale degli under40 è passata dal 41% del 2005 al 28,3% del 2018. Si è letteralmente dimezzata. Un under40 guadagna oggi un terzo in meno di un professionista over60 e la situazione diventa ancora più grave per le donne che esercitano una professione under40 dato che il gender pay gap è del 45%: una professionista guadagna mediamente 24mila€ l’anno contro i 43mila€ di un collega uomo. Non pensiamo nemmeno al reddito di un professionista under40 in Calabria (lì la media di reddito annuale è di 20mile€, vuol dire che un under40 non arriva a 1200€ al mese lordi): insufficienti per vivere e per proseguire nella professione.

Questo significa che i giovani escono dalle professioni aumentando il gap di conoscenze del sistema del lavoro che perde consulenti qualificati e a costo variabile: competenze che difficilmente verranno acquisite dalle imprese come dipendenti. Spendiamo in formazione una fortuna e poi gettiamo nel cesso le nuove professionalità.

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Con un ulteriore rischio: proseguendo su questa strada manca il ricambio nelle professioni facendo saltare i conti del welfare. I professionisti (2 milioni di persone in Italia che salgono a 5 considerando i lavoratori autonomi) possono contare su venti casse privatizzate che hanno un patrimonio di 87 miliardi, 10 di entrate contributive e 6 di pensioni e prestazioni sociali erogate. Casse che adesso stanno perdendo iscritti. Per ora, buona parte di queste è in grado di reggere allo stress finanziario, ma altre (giornalisti e geometri ad esempio come evidenzia il grafico qui sopra ) sono già in fibrillazione. Il rischio di dover passare all’Inps (318 miliardi€ di entrate, 318 miliardi di uscite) e quindi di sovraccaricare i costi dello Stato non è poi così lontano. Anche per questo, aggiornare il sostegno al reddito ai professionisti sarebbe una soluzione tatticamente e strategicamente intelligente.