13 dicembre, Santa Lucia. La tradizione veronese e di altre città del nord di portare doni ai bambini, è esperienza vissuta di molti di noi e la conosciamo. Meno si sa del perché il 13 dicembre. 

Come il Natale, anche Santa Lucia è la cristianizzazione di una festa pagana riconducibile ai riti solstiziali che presso gli antichi popoli europei culminavano il 21 dicembre, solstizio d’inverno. Quel giorno nell’antica Roma si festeggiava il “dies natalis solis invicti” ovvero la nascita del sole non vinto dalle tenebre. In quel periodo dell’anno le giornate si accorciano e le ore di luce si riducono sempre più. Negli uomini di allora, privi di conoscenze scientifiche, c’era il timore che le tenebre prevalessero sul sole. Cosa che già sarebbe preoccupante per noi che abbiamo la luce elettrica. Figuriamoci due o tremila anni fa! Il fatto che dal 21 dicembre le ore di luce ricomincino ad aumentare era motivo di festeggiare il sole, che per loro era dio.  Di qui i riti solstiziali, talmente radicati che quando il cristianesimo cominciò a diffondersi fu costretto a un compromesso con le usanze pre-esistenti. L’esempio più eclatante è il Natale cristiano fissato per convenzione il 25 dicembre, guarda caso quattro giorni dopo il solstizio d’inverno, “dies natalis solis invicti”, che festeggia la nascita del figlio di Dio, luce per l’umanità. Il Natale, oggi come allora, festa della luce. 

Qualcosa del genere è capitato anche per Santa Lucia, che nel nome stesso contiene la parola “luce”. Anche il suo martirio avvenuto a Siracusa cavandole gli occhi, organo con cui vediamo la luce, richiama il medesimo significato. In Svezia, le ragazze in tunica bianca che la notte di Santa Lucia intonano canti con in testa una corona di candele accese, simboleggiano sempre la luce. E così in altre parti d’Europa in continuità con le tradizioni più profonde dei nostri padri che per secoli e secoli sono stati uniti dalla cultura e dalla fede. Non dal denaro.