Un Vinitaly mondiale ha chiuso una cinque giorni di contatti e contratti con buyer in aumento del 10% sul 2005; gli esteri hanno rappresentato il 23% sul totale delle presenze, che hanno raggiunto le 144 mila unità (143 mila lo scorso anno). Un risultato che fa raggiungere a Veronafiere, organizzatrice di Vinitaly, l’obiettivo che si era posta nei confronti della rassegna, divenuta fiera della domanda e sistema integrato di promozione del vino sui mercati internazionali; i prossimi appuntamenti saranno a maggio Vinitaly Russia, in ottobre Vinitaly Usa, a novembre Vinitaly Japan e Vinitaly Cina.
Positivo il commento raccolto girando negli 80 mila metri quadrati netti di superficie espositiva, tra i 4.200 espositori provenienti da 30 Paesi. [//]
«Abbiamo assistito ad un’ulteriore crescita, in qualità e in quantità, grazie allo sforzo sostenuto da Veronafiere. Vinitaly è la prima manifestazione di settore al mondo», commente Gianni Zonin. Rincara negli apprezzamenti sulla rassegna Renzo Cotarella, direttore della Marchesi Antinori: «C’è una rinnovata fiducia nel mondo del vino e ora si guarda al futuro con positività. È stato un buon Vinitaly: bene con buyer, ristoratori qualificati e eno-appassionati».
«Questo è stato il miglior Vinitaly degli ultimi 30 anni, con ottimi contatti e un’organizzazione molto buona» sono le parole di Angelo Gaja, produttore di vino di Barbaresco, nonché esperto riconsciuto a livello internazionale di enologia.
Confermata la bontà di questa edizione anche da Lamberto Vallarino Gancia che afferma: «quest’anno molti più operatori, soprattutto dell’export, e meno consumatori finali e ciò ha permesso di avere contatti di maggiore qualità. Oltre ai clienti italiani abbiamo registrato la presenza di operatori provenienti da tutti i Paesi, in particolare Usa, Paesi Baltici, Giappone, Francia, Svizzera, Indonesia, confermando quindi la sensazione di ripresa. Solo nel Regno Unito si sente la competizione dei Paesi del Nuovo Mondo e per superarli dobbiamo lavorare su qualità, territorio e indicazione geografica, che sono un patrimonio che dobbiamo far capire, ma sempre con un occhio di attenzione al prezzo».
Michele Bernetti della Umani Ronchi osserva che «Vinitaly è la fiera di riferimento in Italia, non solo dal punto di vista quantitativo dei contatti, ma anche sotto il profilo qualitativo. La mostra si sta oltretutto professionalizzando sempre più e abbiamo avuto un incremento del 10-15% di contatti, soprattutto con gli operatori stranieri. Vinitaly è ormai diventato per noi il nostro ufficio nel mondo: abbiamo potuto incontrare tutti i nostri importatori stranieri, anche i più lontani come quelli dall’Australia, dall’Indonesia o dall’Islanda; ma allo stesso tempo abbiamo registrato una forte presenza anche di enoteche e ristoranti d’Italia, di ogni regione. Ma oltre alla parte professionale, Vinitaly è anche il momento per incontrare il grande pubblico del vino; un aspetto che rende il momento fieristico più dinamico e vivace rispetto ad altri importanti appuntamenti internazionali riservati esclusivamente agli operatori del settore».
«Lasciati alle spalle gli eccessi di ottimismo e di successivo pessimismo che hanno caratterizzato il mondo del vino negli ultimi anni – spiega Emilio Pedron, amministratore delegato del Gruppo Italiano Vini (Giv) – siamo tornati ad entusiasmo positivo. E così non si parla più soltanto di prezzi ma c’è spazio anche per servizio e qualità. Il gruppo punta molto sui “vecchi” mercati esteri (soprattutto Stati Uniti, Canada e Inghilterra) ritenendo che quelli emergenti, dalla Cina all’India, siano Paesi in cui bisogna costruire, facendo prima conoscere il prodotto italiano».
Dal fronte veronese, Sandro Boscaini della Masi conferma «la partecipazione di buyer esteri in numero maggiore sugli anni passati, pure da Paesi quali Caraibi, America Centrale e Latina e dall’Asia “minore” (Corea e Vietnam), che sono comunque mercati importanti; grande presenza pure di giapponesi, indiani e di operatori del Nord America, con l’Italia che sta dando segnali positivi. Quest’anno, comunque si è assistito ad un Vinitaly del realismo, dove chi propone buona qualità al giusto prezzo, unita a prodotti legati al territorio, ha in mano la carta giusta per competere serenamente anche con il Nuovo Mondo».

L’Adige, 15 Aprile 2006, pag. 7