Lo avevamo scritto giorni fa e lo si sente sempre più nell’aria e nei fatti: la situazione rimane stagnante, fatta di dichiarazioni e di appelli, di richieste di responsabilità e di compartecipazione allo sforzo, per consentire il governo del Paese. Sui problemi di governo, si vedono però solo le nubi provocate dalle improvvise dichiarazioni di Ministri e di Sottosegretari, i “novi homines” del potere, che si smentiscono l’un l’altro con false sicurezze. Le elezioni politiche sono ormai in archivio, ma sembra addirittura non siano state fatte. [//]
Tutto, a parti rovesciate, sembra come prima. L’esercito eccessivamente numeroso e rumoroso dei governanti sembra essere senza capo per il profondo silenzio del leader, il Presidente del Consiglio. C’è preoccupazione nei più avveduti esponenti del centro sinistra e si esprime nel continuo proporre il dialogo e una qualche forma di collaborazione nel “superiore interesse del Paese”
Nell’altro fronte è troppo vivo il ricordo della legislatura appena terminata e si ribatte: ma il superiore interesse del Paese, il dialogo, il reciproco rispetto dov’erano prima? Nella demonizzazione personale e collettiva degli avversari? Nella descrizione apocalittica di ogni proposta di legge? Nelle interminabili richieste di verifica del numero legale a fini ostruzionistici anche quando c’era in modo palese? Nel trattare il leader della maggioranza come un morattiano “caimano”, nello spingere il confronto verso forme esasperate di scontro?
Il bipolarismo esige molta responsabilità, nettezza nelle decisioni ma senso della misura, capacità di immaginare, oltre le ubriacature del potere, che tutto può cambiare e rovesciarsi. Va maneggiato con cura, con stile anglosassone e serietà tedesca. Le chiassate producono chiassate e giustificano restituzioni non commendevoli.
Ecco perché il panorama è così nebbioso e incupito e non sarà facile, senza forti colpi di vento, renderlo chiaro ed interpretabile.
L’Assemblea di Confindustria ha dato segnali chiari in questo senso, anche se certo non rappresenta la sintesi del giudizio del paese. Si tratta, però, di un mondo che almeno nei suoi vertici, sperava in Prodi e non amava Berlusconi. Ma, di fronte al Governo schierato in prima fila, ha avuto la sensazione che il dialogo formale non basta: che i verdi di Pecoraro Scanio, i rifondatori, i neocomunisti non saranno facilmente addomesticabili.
Ci sarebbe voluto, da parte del centro sinistra così poco vincente, dopo le elezioni, un gesto di alta strategia politica, possibile solo sulle scelte istituzionali, una capacità di voltare pagina sulle grandi scelte, un nuovo momento strategico come all’epoca della bicamerale fu fatto da Berlusconi e D’Alema.Una scelta certo non facile, in un clima troppo caldo ed astioso.
Ma è qui che si vedono le forti capacità politiche.
Il problema dunque, per come si può immaginare, non sarà quello della durata del governo Prodi ma, della sua efficacia, della praticabilità, della capacità di mutamento. Il centrosinistra ha dalla sua la ripresa economica internazionale trainata degli Stati Uniti e, in Europa, dalla Germania della Merckel, ma non ha la forza di inserirsi velocemente nel gioco nonostante le capacità del Ministro Padoa Schioppa, limitato peraltro dal rientrato Visco.
Si passa dalla constatata carenza di capacità e di dirigenza politica della gestione di centrodestra all’eccesso di politicismo di ora; dalle polemiche interne con Follini e Casini per non parlare di Fini e della Lega alla certo non omogenea insalata russa attuale.
Tutto sembra dirci che sono cambiati i suonatori, ma, la musica purtroppo sembra essere la stessa.
L’Adige, 27 Maggio 2006, pag. 2