A parte il cappellino di Bill Gates, che abbiamo visto e rivisto sulle pagine dei quotidiani veronesi, cosa è rimasto di questi mondiali di bridge nelle tasche della città? C’è chi ha parlato e scritto di un indotto di circa 9 miliardi di euro per il turismo cittadino grazie ai quindici giorni dei mondiali, e una presenza negli alberghi di Verona di 40 mila presenze. Ma è andata proprio così? [//]
Partiamo da alcuni dati. All’associazione degli albergatori erano state chieste, e sono state concesse, delle particolari agevolazioni tariffarie su 1.200 camere per un periodo di 15 giorni, questo il numero previsto dagli organizzatori dell’evento. «Delle 1.200 camere richieste – spiega Sergio Cucini, presidente dell’associazione albergatori della Confcommercio – sono state confermate meno di 500, e non per la durata di 15 notti, ma di 7/8 notti». Gli albergatori liquidano così i trionfalismi espressi sull’evento. «Come categoria – prosegue Cucini – non siamo in alcun modo responsabile del modesto esito del mondiale che stando alle aspettative della vigilia avrebbe dovuto garantire un notevole business alle strutture ricettive e all’economia del territorio. Ma così non è stato. Le 40 mila presenze dichiarate dagli organizzatori dei mondiali sono quindi frutto di calcoli matemetico-statistici non esatti, non di una reale verifica sui dati effettivi registrati dalle strutture alberghiere». A questo punto dobbiamo attendere i dati che verranno pubblicati dalla Provincia relativi alle presenze negli alberghi scaligeri nel mese di giugno per poi confrontarli con quelli dello scorso anno.
Come giudica le dichiarazioni del comitato organizzatore dei mondiali che ha apostrofato l’evento come “un successo di quelli da incorniciare” per il turismo nella nostra città?
I risultati ritengo che non siano stati così buoni come dichiarato da alcuni. Non si tratta di pessimismo di noi albergatori, ma di realtà dei fatti. Il “blocco” delle camere che era stato preventivato era giustificato da una richiesta arrivata direttamente dagli organizzatori. A fronte di una situazione così programmata e concordata tra le parti, a venti giorni dall’inizio dei mondiali le nostre conferme sono state basse in termini di numeri di camere e di durata delle permanenze.
La sostanza di questo evento appena concluso è, che non è stato capace di avere un appeal neanche sui media, canale che dovrebbe consentire una visibilità importante alla città.
A parte l’arrivo di Bill Gates, dei mondiali di bridge a Verona non se ne è sentito parlare. Non so in base a quali dati si possa fare del trionfalismo su un evento che senza dubbio non ha portato a 9 miliardi di indotto per Verona.
Ritiene comunque che eventi di questo tipo siano importanti per far crescere la presenza nelle nostre strutture alberghiere?
La potenzialità di questi eventi non è da sottovalutare, anche se deve essere accompagnata da una buona organizzazione, capace di avere un richiamo internazionale.
Auspico che anche per il prossimo anno i mondiali di bridge si tengano a Verona, ma vorrei che fosse un po’ ridimensionato questo trionfalismo sui risultati delle presenze alberghiere.
Per esempio, un altro caso che ha fatto ottenere a Verona un importante risultato è stato quello dei mondiali di ciclismo. In quel caso l’indotto è stato buono e l’immagine della nostra città anche all’estero è stata positiva.
Aldilà di questi eventi, su cosa si deve puntare per far crescere il turismo veronese?
Credo che in questi discorsi attorno ad eventi che sono per lo più unici ci si stia dimenticando di parlare di due realtà fondamentali per il turismo veronese: la stagione lirica areniana e le fiere internazionali.
Il richiamo che riescono ad avere questi due eventi genera un indotto tale da far balzare Verona al secondo posto regionale per presenze turistiche. Credo che quando la nostra classe dirigente politica pensa alle strategie di sviluppo turistico della città debba superare quelle divisioni interne che creano immobilità e al contrario debba avere una visione più accurata nel favorire lo sviluppo di queste due importanti realtà.
Cosa crede sia necessario fare per favorire questi enti?
L’importante è che non diventino torri d’avorio, isolate da tutto. Chi amministra la città deve farsi responsabile di questo. Il festival areniano, per esempio, va tutelato e finanziato. Devono essere cercate le menti migliori per il cda, persone scelte per capacità e competenza e non certo per rappresentanza politica.
E invece ho quasi l’impressione che manchi la visione globale, l’impulso per dire andiamo avanti, cresciamo, costruiamo il futuro. Se i soci non pagano, come è successo lo scorso anno con Camera di commercio, o se vogliono uscire, come aveva pensato di fare la Popolare, allora dov’è la voglia di lavorare insieme?
E per Veronafiere?
Il discorso è sempre lo stesso. Il Comune non può bloccare l’espansione che richiede la fiera. Oggi è una realtà che a Verona porta operatori, visitatori e turisti da ogni parte del mondo, per un indotto fondamentale per la città. Basta pensare alle tre rassegne che per numero di presenze sono tra le più importanti al mondo: il Vinitaly, Fiera Cavalli e Fiera Agricola.
Allora, quando si parla di far crescere l’economia veronese e l’indotto che ne deriva dal turismo non possiamo dimenticarci di avviare progetti di sviluppo strategico di queste due fondamentali realtà.