Parliamo del 94,6% delle aziende veronesi. Un tessuto economico-produttivo che si fonda su micro, piccole e medie imprese che operano nei settori dell’artigianato, dell’agricoltura, del commercio, e più in generale di tutti quei comparti che incidono sul prodotto interno lordo[//]. In questi giorni le associazioni di categoria che rappresentano queste micro e piccole aziende sono scese in piazza a protestare per la Legge Finanziaria, «che riteniamo iniqua – commenta Ferdinando Albini, presidente di Confartigianato Verona – e che rimane sbilanciata a svantaggio del lavoro autonomo e continua a non contenere misure rivolte allo sviluppo delle piccole imprese. Etichettare una categoria come un covo di evasori – prosegue Albini – non credo sia il modo giusto per partire e cercare il confronto. Noi siamo lavoratori e basta guardare il nostro peso anche solo sulla produttività di Verona per capire che produciamo ricchezza e creiamo posti di lavoro». Sul tema lavoro, in particolare sull’apprendistato si sono espressi con forza anche i presidenti nazionali di Confartigianato Giorgio Guerrini e del Cna Ivan Malavasi: «Intendiamo difendere un principio, ancor prima di contestare l’impatto economico. Introdurre una contribuzione del 10% su questo istituto significa disconoscerne il valore che, invece, consideriamo fondamentale al fine di favorire l’accesso dei giovani al mondo del lavoro e di tramandare il patrimonio di professionalità dell’artigianato». Rincara Albini: «Per quanto riguarda l’apprendistato, il sistema artigiani vive con questo modello che viene utilizzato anche per favorire l’inserimento nel mondo lavoro dei giovani. Questo è uno strumento per sostenere la formazione e l’insegnamento nelle botteghe e nei laboratori, per trasferire un “mestiere” ai più giovani. Quindi aumentare gli oneri dell’apprendista a carico del datore di lavoro porterà sicuramente ad un calo nelle assunzioni e ad un conseguente blocco nel processo di creazione dei posti di lavoro a quelli che potranno diventare anche futuri imprenditori». Aldilà di questioni aperte con la nuova manovra finanziaria, all’interno delle categorie si avverte un certo malessere che porta a galla una mancanza di visione globale su come rilanciare il sistema produttivo. «Secondo la nostra categoria – prosegue il presidente di Confartigianato Verona – è necessario studiare manovre per sostenere la crescita del comparto e favorire l’aggregazione, in modo da compensare una chiara difficoltà delle micro e piccole imprese nell’affrontare i mercati interni ed esteri. Non bisognerebbe dimenticarsi che sostenere la crescita delle piccole aziende può portare alla nascita di medio grandi aziende». Il vostro disappunto quindi, oltre sui temi specifici come apprendistato, maggiori oneri ecc…, è sulla struttura della manovra? La finanziaria così come pensata sembra una manovra del passato. Ovvero, un’architettura che privilegia le grandi imprese e non dimostra attenzione per settori che invece stanno trainando la nostra economia, come ad esempio il turismo. Ci si dimentica che in questi ultimi anni abbiamo favorito l’occupazione al contrario della grande industria che ha “lasciato a casa” molte persone. Non comprendiamo perché nonostante artigianato e commercio assieme rappresentano il 60 per cento dell’economia veronese, anche a livello politico locale non si prenda in considerazione questa nostra situazione. Per cercare di portare le nostre voci anche a livello politico, abbiamo fissato tra una settimana un incontro con i nostri parlamentari veronesi. Dalla partecipazione alle ultime assemblee organizzate assieme a Confcommercio cosa è emerso? Quali sono state le richieste pervenute dai partecipanti? Le ultime assemblee hanno ancora una volta fatto emergere il disorientamento ed il forte dissenso, da parte dei protagonisti dei settori portanti dell’economia locale, nei confronti dei provvedimenti del governo centrale. Le preoccupazioni derivano anche dagli ulteriori oneri che rischieranno di metterci con le spalle al muro. Se pensiamo al fatto che si avvicina anche Basilea 2 che rappresenta il momento in cui dobbiamo ricapitalizzarci per mantenere un rapporto efficace con il credito bancario, questi ulteriori aumenti della pressione fiscale ci scoraggiano. In particolare allontanano da questo mondo anche i giovani, che viste le difficoltà non si prendono carico di portare avanti le attività artigianali e commerciali di famiglia. Quale messaggio porterete ai parlamentari veronesi? E cosa vi aspettate da loro? La questione è semplice: in un sistema economico produttivo come quello italiano, costituito da piccole e medie imprese, penalizzare questa fetta di aziende potrebbe succedere qualcosa di irreparabile. Le nostre sono aziende che giocano tutto sulla professionalità e sul “mestiere”, se perdiamo questo ci sarà un regresso anche in termini di know how. Non ho capito quale sia l’alternativa a questo sistema nazionale, l’unico messaggio secondo noi è che devono essere aiutate le aziende a crescere soprattutto le piccole. Questo sentimento è condiviso trasversalmente da tutte le associazioni di categoria e dobbiamo farlo comprendere anche alla classe politica. Da loro ci aspettiamo che ci sappiano ascoltare e tutelare.