Escono di notte, in gruppo. Alternano un volo rapido e battuto ad uno planato. Si orientano con una sorta di radar, più accurato e preciso di quelli che i film ci abituano a vedere. Ma non nelle imprese del protagonista di 1997: fuga da New York, che atterra col suo aliante su un World Trade Center pre “11 settembre”. E nemmeno nelle atmosfere notturne e futuriste di Blade Runner. Piuttosto in una delle varie versioni di Batman, più per il simpatico animaletto che per l’indefesso paladino della giustizia. Il freddo autunnale ha già confinato il pipistrello nei ricoveri dove trascorre il letargo. I sottotetti dei vecchi casolari, le grotte, gli alberi cavi, ogni sorta di rifugio che gli possa garantire una ibernazione letargica in preparazione del grande risveglio. Il risveglio di quando ritornerà ad uscire la notte, in gruppo, col suo volo potente e preciso, guidato da un meccanismo curioso e in controtendenza con il resto del mondo. Un mondo di immagini luminose, di luce, di ipercinetiche sequenze video proiettate da schermi televisivi, monitor e videofonini, fra complicati acronimi come DVD, DVX, MMS, HD, schivando il bombardamento a grappolo della pubblicità a bordo strada, dei lampioni e delle insegne sfavillanti. Perché lui ci vede benissimo. Talmente bene che riesce a catturare gli insetti al volo, con brusche virate, picchiate e cabrate subitanee. Ma come può orientarsi se rinuncia alla prerogativa oculare che ha permesso alla classe dei Mammiferi, cui appartiene, di difendersi dai predatori, di scegliere le livree colorate del partner, di sferrare attacchi felini? Semplicemente perché può creare un’immagine sfruttando onde che non siano esclusivamente luminose. Ci riesce facendo un’ecografia in tempo reale dell’ambiente circostante, proiettando onde sonore ad alta frequenza, gli ultrasuoni, ed elaborando le onde riflesse in una sorta di paesaggio sonoro. Risultato: come le future mamme si meravigliano di fronte alle abbozzate fattezze del prossimo nascituro, così il pipistrello crea nel suo cervello una vera e propria immagine del mondo circostante. Allo stesso modo di come noi creiamo mentalmente una sorta di paesaggio tattile quando ci troviamo improvvisamente al buio; le dita “scansionano” la superficie esterna, la forma, l’estensione, se è liscia, scabra, solida, asciutta. Quante più sono le informazioni carpite, tanto più accurato è il paesaggio e la risoluzione dell’immagine cerebrale. Solo che il pipistrello lo fa ad alta velocità, elaborando una visione fedele e immediata del mondo esterno. Così come i mammiferi marini percepiscono un paesaggio magnetico nella profondità degli abissi, i rettili un paesaggio termico, cani, gatti, leoni, tigri un paesaggio olfattivo. Cambia il vocabolario, ma il meccanismo di traduzione del linguaggio è lo stesso, la meta finale rimane la costruzione di un’immagine svincolata dai meccanismi più tradizionalmente legati al fenomeno luminoso. Strano tipo questo pipistrello. Talmente curioso da volare con la mano. L’ala è formata dalle dita particolarmente sviluppate e la membrana che le tiene unite, e che determina la portanza durante il volo battuto dal movimento dell’avambraccio, è la pelle dell’animale. L’osso corrispondente al nostro omero è piuttosto ridotto e serve a irrobustire il sistema propulsivo alare. Il battito dell’ala è impartito da un possente e rapido alternarsi dell’osso omologo al nostro avambraccio. Da sempre associato a sortilegi di streghe, mentre fa loro compagnia svolazzando su pentoloni gorgoglianti, questo simpatico animale si è ingiustamente guadagnato la fama di inguaribile amante delle chiome di malcapitati passanti notturni. Tutte fandonie da esorcizzare, per scacciare definitivamente ogni aura di occultismo e leggenda dal manto delicato e asciutto di questa meravigliosa creatura. Nessun motivo per appiccicarsi alle chiome altrui. Nessuna intenzione diabolica di utilizzare le unghie per cavalcare improvvisati destrieri umani. Nessuna secrezione vischiosa, anzi, una delicatissima pelliccia e un altrettanto delicato tegumento che tentano di proteggerlo dalle coriacee credenze popolari dure a morire. Nel paesaggio carsico della montagna e della collina veronese, il calcare fratturato e sciolto dall’azione erosiva dell’acqua e del tempo ospita un susseguirsi di grotte, una sorta di grande universo parallelo underground dove il vuoto regna incontrastato. E dove i pipistrelli, i Chirotteri per i naturalisti osservatori e classificatori, trovano rifugio e determinano il sostentamento del delicatissimo habitat ipogeo. Se negli ecosistemi di superficie, terrestri ed acquatici, la luce solare è il flusso principale di energia su cui appoggia la vita, nelle grotte l’unico apporto energetico è rappresentato dal guano accumulato in seguito alle deiezioni dei pipistrelli che utilizzano la grotta come ricovero o come sito per l’ibernazione. Senza di questo, la meravigliosa vita nelle grotte, con i suoi adattamenti più estremi e curiosi che caratterizzano gli animali fino ad ora scoperti, non avrebbe modo di esistere. Come un sole nero, quindi, come una grande nube vitale che raccoglie insetti la notte, durante frenetici voli, e deposita al suolo della grotta il substrato su cui si innesta la vita nei recessi delle fratture carsiche, per tutti quelli che hanno deciso di non abbandonare l’accogliente umidità e la temperatura costante del mondo sotterraneo. E per tutti quelli in attesa di essere ancora scoperti dalla scienza. In Veneto, una raccolta di dati bibliografici, museali, di collezioni private e di osservazioni mirate ha permesso di censire 25 specie, un numero elevato che riflette l’elevata eterogeneità ambientale e il buon stato di conservazione. I risultati delle ricerche condotte dal Museo di Storia Naturale serviranno a colmare le lacune conoscitive del territorio veronese, soprattutto del contesto urbano nel quale si possono certamente incontrare piacevoli sorprese. Davvero curiosi questi animali, anche nei nomi comuni loro attribuiti: il Rinolofo (nella foto a sinistra), con i suoi complicati lobi nasali, l’Orecchione, con le sue grandi appendici uditive, il Serotino e la Nottola, dall’aspetto più tozzo e dalla livrea rossiccia, il grande e orecchiuto Vespertilio, fino al più comune e minuto Pipistrello (nella foto a destra). Per chi ha la fortuna di avere un giardino, di abitare vicino alla campagna o in collina, l’installazione di un nido artificiale su un albero o un edificio può essere una bella idea e un buon motivo per avvicinarsi al mondo di questo animale ingiustamente trascurato ed ignorato. E un ausilio ulteriore per tenere lontani insetti seccanti come le zanzare. Lasciamolo dormire, per adesso. Il risveglio improvviso di un pipistrello in letargo, incautamente maneggiato, è un grosso stress termico e fisiologico per il suo equilibrio così delicato. Ci rivedremo questa primavera, caro pipistrello. O almeno ci rivedrai tu, visto che al tuo radar nulla sfugge, mentre ai nostri occhi, talvolta, la bellezza del mondo reale scivola via troppo velocemente. Come un battito d’ali nella notte.