Al posto giusto nel momento giusto. Si può sintetizzare così l’aria che si respira tra la cinquantina di produttori italiani presenti alla seconda edizione di Vinitaly India (www.vinitaly.com) che chiude oggi a New Delhi dopo la tappa di Mumbai, e che in collaborazione con Buonitalia ha proposto ad oltre 700 visitatori [//]workshop, degustazioni, abbinamenti di vini italiani con la cucina indiana. A Delhi, presso l’Hyatt Regency Hotel dove si trova anche uno dei più rinomati ristoranti italiani dell’India, Vinitaly ha messo in contatto i produttori con sommelier, distributori-importatori, giornalisti e wine lovers appartenenti ad esclusivi club, che hanno testimoniato come il vino italiano abbia numerosi punti di vantaggio sui concorrenti europei e del Nuovo Mondo. «Il giusto equilibrio tra morbidezza e acidità rende i nostri vini, sia bianchi che rossi, assolutamente più adatti all’abbinamento con la cucina indiana – sottolinea Sandro Boscaini del Gruppo Masi Agricola Spa e vice presidente dell’Istituto del Vino di Qualità Grandi Marchi, che riunisce 18 griffe del vino italiano sempre presenti alle iniziative all’estero di Vinitaly -. La presenza di sommelier, personale della ristorazione e alberghiero molto preparati e l’affinità con la cultura occidentale unita alla giovane età media della popolazione fanno oggi dell’India un mercato di assoluto interesse e pronto a recepire anche in quantità i nostri prodotti. Fermo restando la risoluzione del problema dei dazi, che è però oggetto dell’imminente incontro tra il commissario Ue all’agricoltura, Mariann Fischer Boel, e il Governo di Delhi». Il tasso di crescita del consumo di vini negli ultimi anni è stato maggiore rispetto a quello dei liquori e pari al 30% solo tra il 2004 e il 2005. Un bel salto in avanti per un Paese che fino al 2001 non permetteva l’import di vini, se non attraverso canali diplomatici. Nei primi 9 mesi del 2006 l’Italia ha esportato in India quasi 166.500 litri di vino per un ammontare di poco inferiore a 1 milione di euro. Nel 2004-2005 il valore totale del vino importato è stato di poco superiore a 3,86 milioni di euro; al primo posto la Francia seguita da Italia, Australia, USA e Cile, per un valore al consumo di 12,36 milioni di euro pari al 35% del mercato enologico globale. Per ora le famiglie della upper e della middle class che possono acquistare vini stranieri sono circa 1,6 milioni e si prevede arriveranno a 3 milioni entro il 2010. Sono persone che cercano uno stile di vita migliore e che vedono nel vino un simbolo del vivere bene. La passione per il made in Italy può essere anche qui trainante per il vino italiano. «Il sistema di relazioni che Veronafiere crea e alimenta attraverso le iniziative all’estero sotto l’egida dei propri brand, come Vinitaly in questo caso, ma anche con Samoter e Marmomacc per altri settori, in collaborazione con istituzioni e privati preposti, evidenzia il ruolo innovativo di fare fiera che porta risultati positivi sia all’estero sia per le manifestazioni organizzate a Verona e alle quali partecipano sempre più operatori stranieri – evidenzia Luigi Castelletti, presidente di Veronafiere -. Una internazionalizzazione che si muove, dunque, con una logica binaria e che sta dando ottimi frutti a supporto dello sviluppo economico del sistema imprese del Paese». Iniziative che fanno nascere a loro volta altre idee, come quella del Consorzio Fine Italian Wines, che sull’onda dell’attenzione riscontrata nel corso di Vinitaly India ha deciso di lanciare una nuova iniziativa nelle principali aree di consumo del subcontinente, abbinando la promozione dei vini delle sette aziende aderenti con le cucine regionali di riferimento.