Aem Milano e Asm Brescia, fusione con esclusione
Le dimensioni contano. Un po’ come per Godzilla, il dinosauro dei B-movies giapponesi che voleva distruggere il mondo. Se si è più grandi, si fa più massa critica, si spalmano i costi, si razionalizza più facilmente, si posson o recuperare risorse per nuovi investimenti e via discorrendo[//]. Il fatto che Milano e Brescia, due realtà già importanti di loro, si siano messe assieme avviando le procedure per una fusione alla pari è un segnale importante. Un po’ per le spinte del mercato dell’energia, un po’ perchè Bruxelles ha deciso di considerare aiuti di Stato gli sgravi fiscali previsti negli ultimi anni alle municipalizzate che volevano trasformarsi in Spa in regime di neutralità fiscale, un po’ perchè anche a Nordovest, fra Genova e Torino, si guarda (seppur con le difficoltà e i distinguo) a come crescre assieme, insomma per una serie di tanti fattori sembra finito il periodo delle chiacchiere a vuoto. Davanti a colossi come Enel ed Eni le ex municipalizzate o crescono o non serviranno poco a nulla in futuro. Al massimo potranno svolgere al funzione di distributori fintantochè le “big blue” non si schgiereranno in prima persone nelle future gare per l’utilizzo delle reti dei gestori. Sì, ma a noi che ci frega? Assai, ce ne frega. Perchè se la memoria non inganna Asm rappresentava una possibile preda per l’Agsm di una decina d’anni fa, quando cercava una sua strada da player e non da residuato bellico sul mercato. Ci frega perchè Asm di Brescia è il terminal dove mettere in rete Cà del Bue, la madre di tutte le tangenti veronesi degli Anni Ottanta, e il tempio più grande all’incapacità strategica dei politici veronesi. Asm e Aem fanno un polo lombardo che, avendo alle spalle il centro produttivo ed economico del Paese, può svilupparsi ed aprirsi ad ulteriori alleanze internazionali per avere più energia a costi più bassi. Un polo così se volgerà il suo sguardo ad Est lo farà con logica non più aggregativa, ma punterà a mere acquisizioni, al prezzo più conveniente. Per non parlare di Hera, una multiutility a dimensioni regionali capace di strappare a Bruxlles aiuti milionari per politiche energetiche vere, innovative ed aggressive. Insomma, per Agsm la megafusione lombarda suona come una campana a morte. Il prossimo advisor che busserà alle porte dell’ex municipalizzta sarà una sorta di liquidatore di una realtà che non ha saputo, o voluto, diventare una vera azienda competitiva n grado di navigare nel mercato aperto. Il certificatore di un’impotenza. Un carrozzone brucia-manager senza una mission chiara, senza una politica certa di alleanze, senza una guida sicura. Negli ultimi anni si sono avvicendati troppri presidenti e troppi direttori generali e soltanto dopo dieci anni si sta cercando di creare una governance che riesca a far funzionare tutto il cucuzzaro. La politica ha guardato alle rendite di posizione, al manuale Cencelli per le cariche e a mettere le mani sul dividendo annuale. Anche a costo di pregiudicare il futuro dell’azienda.