Da sempre, lo scuro profilo delle chiome contorte nelle foreste, la montagna con i suoi misteri, le tradizioni popolari del mondo contadino e delle sue numerose varianti locali hanno alimentato le credenze che affondano le radici nel paesaggio extraurbano. Ma i recessi e i nascondigli dell’intricato habitat metropolitano sono terreni altrettanto fertili[//]. L’ombra di un folklore cittadino è ancora vivida nella memoria storica, dove regnano incontrastati il leggendario coccodrillo bianco delle fogne di New York e il micidiale ragno del tronchetto della felicità. Per non parlare dei topi giganti che escono di notte dai tombini semiaperti a turbare il sonno di sventurati cittadini, inoculandosi nella quiete domestica per rosicchiare le orecchie dei bambini addormentati, senza lasciare traccia e nel più completo silenzio. Paure inconsce che assumono, di luogo in luogo e nello scorrere degli anni, una veste differente? Potenza di un mito che si perpetua nel tempo grazie ad una moltitudine di travestimenti? Può darsi. Rimane il fatto che di roditori, a Verona, se ne parla ancora, nonostante siano divenuti più elusivi e più notturni che mai. Qualcuno si agita ancora come uno spettro lungo la tortuosa arteria che costeggia l’Adige dal Ponte Catena a Parona, sfidando gli abbaglianti degli automobilisti che sfrecciano lungo quel tratto urbano da sempre interpretato più come superstrada che come ordinaria via cittadina. Qualche altro giace stirato sul manto stradale, come un fossile postmoderno già pronto alla sedimentazione di una eredità fatta di depositi di lattine e di contenitori in polietilene. Ricordo perfettamente quando, verso la fine degli anni settanta, attraversavo l’Adige sul Ponte Catena per raggiungere gli amici nelle interminabili partite a pallone sui campi a fianco del Viale Cristoforo Colombo. E ricordo che trascorrevo una buona mezzora ad osservare folte schiere di grossi topi che si agitavano sulla riva ciottolosa del fiume esposta alla siccità estiva, alla ricerca degli esemplari più grandi che raggiungevano e superavano le dimensioni di un gatto normale. E immaginavo il terrore che poteva attanagliare ed inchiodare il povero felino di fronte ad un animale così terribilmente audace, organizzato e impavido, soprattutto forte della sua superiorità numerica. Poi, lo sviluppo della città verso la periferia, le intense opere di derattizzazione condotte dall’amministrazione, e un probabile decremento demografico dovuto ad un naturale ciclo biologico hanno ridotto fortemente la presenza così massiva in ambito urbano del Ratto delle chiaviche, o pantegana. Ma quale può essere la storia misteriosa di questi animali che hanno riempito da sempre le pagine della cronaca e della storia? Quanti sono, chi sono e, soprattutto, dove vivono tutti questi roditori? Intanto facciamo un passo indietro, un piccolo chiarimento di carattere naturalistico, un minimo di sistemazione di natura zoologica. Giusto per capire l’importanza del fenomeno e per sgomberare il campo da equivoci. La classe dei Mammiferi è suddivisa in diversi ordini. Fra questi, troviamo gli Insettivori, che annoverano il Riccio europeo, la Talpa e i vari “toporagni” (nulla a che vedere con topi e con gli artropodi a otto zampe). Non dimentichiamo, poi, il nutrito ordine dei Chirotteri, più conosciuti come Pipistrelli. Passando obbligatoriamente per l’ordine che comprende la Lepre e il coniglio selvatico, i cosiddetti Lagomorfi. Per arrivare, infine, ai nostri amici Roditori, un nutrito numero di specie dalla biologia e dai caratteri multiformi. Tralasciando, ovviamente, l’ordine dei Carnivori, degli Artiodattili (cervi e camosci), dei Cetacei e quello dei Primati cui apparteniamo di diritto. Da qui può partire una breve rassegna dei roditori cittadini, per capire ancora una volta come la biodiversità che si esprime a livello del numero di specie sia oltremodo sorprendente e talvolta sconosciuta. In città, nelle aree più vicine alle colline come Avesa, Valdonega e le Torricelle, si può ancora osservare lo Scoiattolo comune, specie protetta e minacciata dall’introduzione e naturalizzazione dello Scoiattolo grigio che rischia di sostituire, come avvenuto per la Gran Bretagna, la specie autoctona. I fossi e i corsi d’acqua a ridosso della città, soprattutto a Montorio, Avesa e San Martino Buonalbergo, ospitano l’Arvicola d’acqua, un simpatico roditore che si nutre esclusivamente di vegetali come il crescione, la tifa e il ranuncolo acquatico. La presenza di questo animale è indice di un buon livello di conservazione dell’habitat, poiché é spesso sostituito dal Ratto delle chiaviche, la pantegana, in ambienti più inquinati. Altro tipo di ambiente, invece, è sfruttato dall’Arvicola campestre e dall’Arvicola di Savi, simpatici roditori che popolano rispettivamente i campi lavorati o i prati stabili come la Spianà, e i prati con caratteristiche più umide e terreni argillosi. Rappresentano un ottimo ed insostituibile elemento nella dieta di molti rapaci notturni, come Alloco e Barbagianni, predatori caratterizzati da un delicato equilibrio dipendente proprio dalla disponibilità delle prede. Nelle cantine cittadine non mancano il comune Topo selvatico, uno dei roditori più diffusi in Europa e Asia, e il piccolo Topo domestico, un animale tipicamente antropofilo legato agli insediamenti umani. Fino ad arrivare ai rappresentanti più “corpulenti” come la pantegana, o Surmolotto, e la Nutria. Il primo, originario dell’Asia meridionale, ha letteralmente scalzato il Ratto nero, in principio più diffuso, in seguito ad una maggiore adattabilità. Probabilmente il Ratto nero si è reso protagonista in passato delle grandi epidemie e delle invasioni nei periodi di carestia, guerre e saccheggi. L’attuale abbondanza del Surmolotto, tuttavia, può rappresentare una minaccia per tutte quelle specie di uccelli che nidificano al margine dei fossi e nelle zone costiere, dove questo roditore abbonda e si nutre di uova e piccoli. La Nutria è stata importata dal Sud America per l’allevamento e l’utilizzo della pelliccia. La fuga e la successiva naturalizzazione, favorita dal persistere di inverni non particolarmente rigidi, hanno reso questo grosso roditore vistosamente frequente lungo i fossi e i canali nella campagna a ridosso della città, dove scava una fitta rete di gallerie che rendono gli argini particolarmente instabili. I roditori cittadini non sono un multiforme topo qualunque, quindi. Non sono un roditore generico che assume di volta in volta forme e sembianze differenti a seconda del mito e della leggenda, ma animali reali. Una breve rassegna dei roditori “cittadini”, che non tiene conto, naturalmente, di tutte quelle specie legate ad habitat montani o collinari e che rappresentano, insieme agli insettivori come i toporagni, la maggior parte degli animali appartenenti a questi nutriti ordini di mammiferi.Tutto ciò fa parte di quel mondo in cui, da sempre, lo scuro profilo delle chiome contorte nelle foreste, la montagna con i suoi misteri, la tradizione popolare contadina con le innumerevoli varianti locali alimentano le credenze che affondano le radici nel paesaggio extraurbano. Ma questa è tutta un’altra storia.