Le certezze di Prodi, pur temperate dalle recenti esperienze, non sono poi così immotivate. Non c’è molta speranza di allargamento della sua maggioranza, solo quanto basta a sopravvivere, ma invece c’è la certezza della mancanza di una alternativa[//]. Le dichiarazioni di Casini sulla avvenuta fine della Casa delle libertà, sulla impossibilità di fare le primarie per mancanza del comune soggetto politico, non sorprendono. In qualche modo e da qualche tempo si sta infatti vivendo sull’equivoco, da matrimonio all’italiana, in cui tutti fingono: fingono pure di crederci. Follini, partendo per primo, ha creato problemi a Casini, sopratutto sulla tempistica. Prodi dovrà trovarsi i voti, quei pochi che servono per sopravvivere. Ma Berlusconi non ha più i voti dell’Udc. «Ci sono due opposizioni», dirà Casini; ma non per un comune disegno. Senza una vera alternativa è certo che Prodi si rafforza e, con qualche buona tecnica, al Governo di voti al Senato ne serviranno meno. Questo non guarisce il governo dalla sua organica situazione, ma contagia l’opposizione con la stessa malattia. La Casa delle libertà continuerà ad essere usata per le elezioni amministrative. Ma con quale credibilità se avrà quella ingombrante presenza dell’UDC, troppo protesa a posti di potere ancor più utili se già con un piede in partenza per altri lidi? È tutto un disegno che viene messo in pericolo: quello del bipolarismo, di un minimo di maggioritario, di una possibile alternanza al potere. Il detto dannunziano, “io ho quel che ho donato” rischia di diventare berlusconiano. Se governo dovesse, secondo le indicazioni di Napolitano, affrontare una nuova legge elettorale, che peso avrà Casini? Quali ritorni indietro si faranno maturare per salvare il governo? Non aveva ragione Rotondi quando diceva che era meglio il referendum elettorale di Segni? Una intesa politica di più vasto respiro cercasi. Altrimenti, pur con molte riserve, meglio le elezioni subito.