Autenticazione della firma: un onere anc ora necessario?
E’ stata presentata oggi lunedì 12 marzo l’indagine condotta dalla Conferenza Permanente fra gli Ordini Dottori Commercialisti del Triveneto sul costo degli atti notarili di autentica Il Disegno di Legge Delega presentato dal Ministro della Giustizia si pone l’obiettivo di riorganizzare le attività riservate a singole categorie professionali e di eliminare le “esclusive”che si fondano su meri tecnicismi. [//]Un orientamento più che valido, ma che dovrebbe essere applicato in modo coerente. Per liberalizzare le professioni bisogna, infatti, analizzare la problematica nel suo insieme, partendo da quelle “esclusive”che si fondano sui meri tecnicismi. Nasce da questa considerazione l’indagine statistica basata sui dati Istat 2002, 2003, 2004, compiuta dal Centro Studi dei Dottori Commercialisti del Triveneto sulle “Autenticazioni per mere finalità di registrazione”, ovvero su quegli atti per cui la legge non richiede l’autentica ai fini della validità, ma solo dell’iscrivibilità in pubblici registri. Si tratta di atti che riguardano gran parte delle imprese italiane ma anche molti cittadini. Atti di cessione d’azienda, di affitto d’azienda, di cessione di quote di società a responsabilità limitata, i contratti di società di persone, le modifiche di patti sociali e lo scioglimento di società di persone. Per tutti questi atti la legge non dispone l’obbligo di autentica ai fini della validità dell’atto ma solo ai fini dell’iscrivibilità nel Registro delle Imprese. Si tratta, di fatto, di un onere che incide in modo rilevante sull’economia del Paese. Sono infatti numeri ragguardevoli, che per il 2004 ammontano a 503.345 atti, composti da 68.222 atti di cessione di azienda, 32.723 atti di affitto d’azienda, 155.881 atti di cessione di quote srl, 59.921 contratti di società di persone, 86.402 atti di modifiche di contratti per cessione di quote di società di persone, 66.683 altre modifiche di patti sociali e 33.513 atti di scioglimento e messa in liquidazione di società di persone. In questo panorama nazionale mediamente il Triveneto rappresenta più del 13% del dato nazionale. Complessivamente, questo onere, che grava su tutta la collettività, potrebbe ammontare a centinaia di milioni di euro e potrebbe certo essere impiegato in modo più produttivo. Eppure, lo sviluppo tecnologico ed informatico permetterebbe di abolire l’obbligo di autenticazione notarile per tutti quegli atti che ne prevedono l’utilizzo esclusivamente per finalità di deposito. Esistono, infatti, strumenti alternativi in grado di garantire lo stesso risultato con costi decisamente inferiori e la loro adozione andrebbe a vantaggio non solo del mondo produttivo ma anche di tutti i cittadini. La tecnologia attuale potrebbe, quindi, rendere non più necessario l’obbligo di autenticazione ai fini della garanzia di provenienza dell’atto. Il lavoro presentato dal Centro Studi dei Dottori Commercialisti del Triveneto non vuole essere una critica ma, al contrario, si pone in modo propositivo. In occasione dell’incontro del 12 marzo tra Dottori Commercialisti, Ragionieri e Parlamentari, svoltosi in contemporanea nel Triveneto, la Conferenza Permanente fra gli Ordini dei Dottori Commercialisti delle Tre Venezie e l’Unione dei Collegi dei Ragionieri Commercialisti delle Venezie hanno infatti proposto al mondo politico di contribuire a questo processo di ammodernamento dello Stato, che prevede l’adozione di strumenti telematici di autentica. Per realizzare questo progetto, la Conferenza Permanente fra gli Ordini dei Dottori Commercialisti delle Tre Venezie e l’Unione dei Collegi dei Ragionieri Commercialisti delle Venezie dichiarano la disponibilità per costituire un tavolo di lavoro con il mondo politico e camerale per progettare questi nuovi “strumenti”. “L’impegno al contenimento degli oneri che possono essere risparmiati dalla collettività deve essere l’impegno di tutti e in primo luogo del Parlamento” afferma il Presidente della Conferenza Permanente fra gli ordini dei Dottori Commercialisti delle Tre Venezie Massimo Miani “Oggi la parola liberalizzazione è divenuta l’imperativo e, quindi, pare anacronistica la tendenza che emerge ad estendere ulteriormente ad altri ambiti il novero degli atti per cui è necessaria l’autenticazione”. La liberalizzazione, infatti, pare riguardare solo alcune categorie, che di fatto però sono liberalizzate da tempo. La categoria dei dottori commercialisti, ad esempio, è già aperta a chiunque segua il percorso di studi previsti. I dati raccolti dalla Conferenza Permanente fra gli Ordini dei Dottori Commercialisti del Triveneto lo dimostrano. Se nel 1996 i dottori commercialisti iscritti in Italia erano 43.680, nel 2006 il numero è passato a 60.207 unità, con un incremento del 37,84%. Nello stesso decennio, invece, il numero delle imprese in Italia è cresciuto meno, passando da 4.559.633 a 6.125.514 unità, con un incremento del 34,34 %. Un dato di crescita tale che i giovani professionisti che si inseriscono nel settore hanno difficoltà. A fronte di questo dato, che dimostra una crescita dei dottori commercialisti maggiore alla crescita delle imprese, si aggiunge il dato sui revisori contabili in Europa. L’Italia conta 140.000 revisori legali dei conti, laddove nel Regno Unito il dato è di 15.543, in Germania 12.244 e in Spagna addirittura 5.286.