Pierferdinando Casini dimentica che di PCI e DC questo Paese ne fa volentieri a meno
La titubante e tardiva scelta di Casini certamente disturba le certezze del centrodestra ma esprime sopratutto il disagio di alleanze rese difficili da personalismi, dalle prospettive divergenti, dalle tempistiche della vita, da ambizioni ottimistiche non realizzate. È il particolarismo che si nasconde dietro il concetto di identità; una identità che non ha più molto di ideologico, di culturale, di solidale, di affermativo ma si trasforma in fatto politico e organizzativo per garantire, dietro la forma partito, finanziamenti, potere, protagonismi, vantaggi. I capi di tutti i partiti minori, [//]salvo la sinistra più dura, hanno in questi anni osannato il bipolarismo, la governabilità, l’efficacia dell’azione politica. Molti di loro hanno cavalcato i referendum elettorali ed il vasto consenso che ne è seguito. Oggi ci troviamo ad avere provato ed abbandonato il sistema del collegio uninominale, (ultima àncora di rappresentanza territoriale), ed applicare il “porcellum” che toglie all’elettore ogni potere di scelta dei suoi rappresentanti relegandolo ai capi di a giocare con una finta democrazia. Resta il problema della governabilità che solo Berlusconi e Veltroni sostengono, nella speranza di poterla gestire. Comunque in modo utile per il paese, ormai ridotto assai male. Ecco allora risorgere le identità, magari diverse nella stessa area, per vedere chi è più identitario tra Tabacci, Casini, Mastella, Baccini, Pizza ed altri, rispetto alla vecchia, cara, amata ma defunta DC. Sembrano non rendersi conto che il mondo è cambiato, che il comunismo e l’Unione Sovietica non ci sono più, che il cattolicesimo sta vivendo una profonda riflessione non tanto nelle gerarchie ma nel mondo della gente, cattolici compresi. I giovani di oggi non sanno più nulla della Dc e del PCI, non ne ricordano né il bene né il male. Per il carattere della memoria gli anziani tendono a dimenticare il male e ad avere nostalgia del bene. Senza chiedersi se sia nostalgia per quella politica e quei dirigenti, dimenticandone errori e misfatti, o invece nostalgia per i tempi passati della propria più giovane età, depurata dalla spinta innovativa, dalla capacità critica, capace di rivolta, motivata dalla grande incompiuta speranza.