Lavoro nero. La tragica morte del lavoratore indiano avvenuta la scorsa settimana nelle campagne dell’Agro Pontino ed il vergognoso comportamento dell’imprenditore agricolo che lo sfruttava, richiama l’attenzione sul lavoro irregolare che, secondo la Cgia di Mestre, produce un volume d’affari di 68 miliardi all’anno e coinvolge quasi 3 milioni di persone.
Il valore aggiunto prodotto nel 2021 dal lavoro nero in Italia è stato di 68 miliardi, così ripartiti:
23,7 miliardi nel Sud, 17,3 nel Nordovest, 14,5 nel Centro e 12,4 nel Nordest.
Dei 2.848.100 occupati non regolari stimati in Italia dall’Istat, 1.061.900 sono ubicati nel Sud, il 37,2%; 691.300 nel Nordovest; 630.000 nel Centro e 464.900 nel Nordest.
In Veneto meno lavoro nero di tutt’Italia
Nel Veneto il tasso di lavoro nero è uno dei più bassi: l’8,1%. Se si considera che è costituito soprattutto da mandanti e colf, si può dire che il fenomeno è, assieme a quello della provincia autonoma di Bolzano, il più basso d’Italia. Secondo l’Istat sono 2.990.000 quelli che lavorano irregolarmente per 8 ore al giorno.
Ma il fenomeno è presente anche al Nord, soprattutto per quel che riguarda i servizi alla persona (badanti e colf) che rappresentano il 42,6%. La Calabria è la regione dove si lavora di più in nero: l’8,3%. Segui la Campania, 6,9%, la Sicilia, 6,6% e la Puglia 6,2%.
Badanti, agricoltori ed edilii settori con più irregolari.
Tra le badanti il tasso di irregolarità è del 42%, un tasso molto alto, ma va preso in considerazione che i servizi alla persona. Con l’anzianizzazione, sono un’emergenza nazionale cui i cittadini hanno dovuto rispondere in prima persona a causa della carenza dell’organizzazione sociale. Se in una certa fase non ci fossero state le badanti che venivano dall’est Europa, il più delle volte immigrate irregolari e quindi impossibili da mettere in regola, sarebbe scoppiata una bomba sociale. Ora la spiegazione dell’alto tasso di lavoro nero che permane in questo settore è da ricercare nell’emergenza socio-sanitaria che avvolge il paese.
I lavoratori irregolari in agricoltura sono il 16,8% nelle costruzioni il 13,3%, nel commercio, nei trasporti e nel ricettivo il 12,7%.
Tornando invece alla tragedia che si verificata in provincia di Latina la scorsa settimana la Cgia rileva che in alcune aree del paese pezzi importanti dell’economia sono passati sotto il controllo delle organizzazioni criminali di stampo mafioso.
Il caporalato, soprattutto in agricoltura, ma anche nell’edilizia, ma anche nel tessile, nella logistica, nei servizi di consegna e di assistenza è espressione del controllo della criminalità organizzata che sfrutta persone in estrema povertà e immigrati. Il fenomeno esiste da molti decenni nell’Agro Pontino, nell’Agro nocerino-sarnese nel salernitano, a Villa Literno nel casertano, nella Capitanata in provincia di Foggia e nella Piana di Gioia Tauro in provincia di Reggio Calabria. Da un ventina d’anni s’è affacciato anche in pianura padana.