(di Sara Migliorini). Si è conclusa con successo la prima edizione di Amphora Revolution, la rassegna internazionale dedicata ai vini in anfora, ai vitigni antichi e ai qvevri wines, che si è tenuta a Veronafiere dal 7 all’8 giugno. Un evento che ha visto protagonista un’ampia selezione di più di 100 produttori di vini in anfora provenienti da tutta Italia, dalla Slovenia e dalla Georgia, richiamando l’attenzione di un pubblico di operatori del settore, enologi, sommelier e appassionati enofili italiani e internazionali.
I vini georgiani e le kvevri: la culla della viticultura
Tra i momenti salienti dell’evento c’è stata la tavola rotonda “Vini georgiani: radici della viticoltura”, un’illuminante discussione moderata da Helmut Koecher, presidente e fondatore del Merano WineFestival. Tra i partecipanti, Carlo Catani di AN so miga FORA e Massimo Palmieri di Tenuta San Marcello, hanno portato alla luce i segreti millenari di questa affascinante regione vinicola.
Nascosta tra il Mar Nero e le montagne del Caucaso, la Georgia è da sempre un crocevia culturale e geografico. I vini georgiani sono parte integrante della sua identità nazionale, con una lunga storia che risale a migliaia di anni fa. Scoperte archeologiche recenti, tra cui otto giare risalenti al 6000 a.C. contenenti tracce di vino, suggeriscono che questa terra sia stata la culla della viticoltura mondiale.
Una tradizione millenaria
Ciò che rende unici i vini georgiani è il processo di vinificazione legato alle antiche tradizioni: le uve vengono fermentate intere, senza diraspatura, e poi messe a riposo in grandi anfore di argilla chiamate kvevri. Questo metodo, riconosciuto nel 2013 dall’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, dona ai vini un profilo unico, arricchito dal contatto con l’argilla e la terra.
Il panel ha anche esplorato la ricchezza dei vitigni georgiani, che vantano oltre 500 varietà, di cui 38 autorizzate per la viticoltura. Tra i più rinomati ci sono il Rkatsiteli, che produce vini bianchi strutturati e tannici, il Mtsvane, noto per i suoi aromi minerali e fruttati, e il Saperavi, vitigno principe per i vini rossi dal profilo simile a quelli bordolesi.
Come ha sottolineato Attilio Scienza, direttore scientifico di Amphora Revolution tra i massimi esperti di viticoltura ed enologia: “L’anfora non è tanto un contenitore, quanto uno strumento di comunicazione importantissimo. Siamo di fronte a consumatori che bevono più con il cervello che con la bocca e dobbiamo affrontare il tema drammatico del cambiamento dei gusti nei confronti delle bevande”.
AN so miga FORA: un curioso connubio tra Romagna e Georgia
Un’interessante contaminazione culturale è emersa con il progetto “AN so miga FORA”, iniziativa che ha preso vita nel 2013 come un dialogo culturale tra i viticoltori dell’Emilia-Romagna e i produttori di vini georgiani, custodi dei segreti dell’antica arte della vinificazione in anfora. Giocando sul dialetto romagnolo e ponendo l’accento sul recupero di antiche tecniche di vinificazione, Carlo Catani, pioniere gastronomico originario di Faenza, ha dato il via a questa avventura guidando un gruppo di produttori lungo un percorso di scoperta e rinnovamento.
Oggi, il progetto coinvolge circa una ventina di produttori distribuiti da Rimini a Bologna, molti dei quali hanno aumentato la loro produzione fino a 5000 bottiglie. Nel corso degli anni, sono stati ricompensati con riconoscimenti da guide nazionali e internazionali.
Tuttavia, fin dai suoi albori, il progetto ha sollevato una serie di interrogativi: può un contenitore determinare in maniera così categorica il contenuto? Come narrare il territorio per creare un progetto condiviso che possa dare risalto a vini eccellenti, originali e in sintonia con le nuove richieste del mercato?
“Un gran numero dei nostri produttori ha abbandonato un approccio standardizzato, orientato verso un modello internazionale, spesso ispirato al paradigma francese, dominato dalle barrique e da vini dall’appeal immediato”, ha dichiarato Catani. “Il nostro progetto si è distinto proprio grazie a questo cambio di prospettiva, abbracciando una produzione più tradizionale e macerativa, capace di raccontare le storie dell’uva e del territorio in modo più autentico.”
“La prima spedizione di kvevri in terracotta è giunta nel 2013, portando con sé anche i vignaioli georgiani che hanno lavorato tra le colline faentine, nelle vigne di Leone Conti, intonando i loro canti polifonici, come da tradizione“, ha aggiunto. “Lo scambio culturale con la Georgia è stato profondamente arricchente per i nostri produttori, che oggi si dedicano esclusivamente ai vitigni autoctoni e ai lieviti indigeni per produrre vini autentici e radicati nel territorio.”
La degustazione finale di sette vini georgiani ha rappresentato il culmine di un viaggio attraverso secoli di storia vinicola.
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