Sono 7 milioni gli italiani che hanno almeno un tatuaggio. Un record mondiale. Fino all’inizio del millennio se li facevano i marinai e i delinquenti. Poi il boom. Tanto che attorno a questa moda è nato un vero business. Non solo per farli, ma adesso, per i tatuati ‘pentiti’ anche per farseli togliere con il laser.
Una ricerca svedese, pubblicata su eClinicalMedicine rileva che gli inchiostri usati per i tatuaggi hanno dei pigmenti potenzialmente cancerogeni. Il meccanismo sarebbe legato alla reazione immunitaria dell’organismo che li riconosce come sostanze estranee e le trasporta nei linfonodi, dove potrebbero causare un linfoma.
La rivista scientifica svedese riporta i risultati di una ricerca della Lund University condotta su 11.905 persone, tra i 20 e i 60 anni. Nell’anamnesi dei soggetti che tra il 2007 e il 2017 avevano sviluppato un linfoma sono stati esclusi tutti gli altri possibili fattori di rischio ed anche coloro che si erano tatuati nell’ultimo anno prima della diagnosi di linfoma, cioè con un tempo di latenza ritenuto insufficiente per stabilire un nesso causa-effetto.
Tatuaggi e rischio
Dall’indagine è emerso che chi aveva un tatuaggio aveva un rischio di sviluppare un linfoma maligno superiore del 21% rispetto a chi non lo aveva. Questo indipendentemente dalla dimensione del tatuaggio, dalla forma e dal tipo di pigmentazione. E’ ancora ignoto mil meccanismo patogenetico preciso.
Dalla ricerca è anche risultato che la pratica di farsi togliere i tatuaggi con il laser aumenta di 3 volte il rischio di sviluppare un linfoma.
Si tratta comunque di un’ipotesi che va verificata e dimostrata con ulteriori ricerche. Quindi nessun allarme se non la necessità di una più stretta vigilanza sulle sostanze e sui metodi utilizzati nel fare i tatuaggi.