(di Paolo Danieli) C’era una volta il centrodestra. Questa la sintesi della vicenda Draghi. Almeno per quel che riguarda l’area cui appartengo: la destra. La parola “centro” non m’è mai piaciuta. L’ho sempre considerata il luogo politico di chi non ha il coraggio di dichiararsi. O peggio, di chi ritiene di trarre vantaggio dal posizionarsi in modo da accordarsi ora di qua, ora di là. Noi di destra, quella che per quarant’anni s’è chiamata Msi, il centrodestra lo abbiamo dovuto accettare quando Berlusconi l’ha fondato. Era il 1994. E ci ha tirato fuori dal ghetto. Questo dobbiamo riconoscerglielo. Il sistema maggioritario lo consolidò a tal punto, anche nel parlare comune, che con alterne vicende è durato fino ad oggi.
Il primo scossone lo ha dato Salvini. Dopo aver preso i voti in nome del centrodestra è andato al governo coi grillini, per conto suo. Brutta storia. Iniziata male e finita peggio. Precedente pericoloso. Oggi ne subiamo le conseguenze. Invece di andare unito a trattare con Draghi il centrodestra s’è decomposto. Ognuno per sé. Ognuno a dire una cosa diversa. E puff! Il centrodestra è scomparso, s’è dissolto in 24 ore. Mattarella invece di fare le elezioni ha fatto la magia: bibbidi-bobbidi-bou, il centrodestra non c’è più! FI e Lega dentro il governo Draghi. Meloni fuori. Scelte pesanti. Risibile la pietosa bugia che la coalizione esiste ancora. Per fare che cosa? Per affrontare compatti le elezioni di Cernusco sul Naviglio? Ma chissenefrega!
Impossibile pensare a un gioco delle parti. Le frecciate fra la Meloni e Salvini la dicono lunga. Berlusconi, Salvini e Meloni dovevano stare uniti. O tutti dentro o tutti fuori. Ma così non va. Non importa chi ha ragione. A dividersi – proprio quando l’ultimo sondaggio li dava al 51% – hanno tutti torto.