(di Michele Bertucco) “Carenza di cultura infettivologica”, mancanza di una “coerente visione mutidisciplinare”, protocolli di terapia vecchi del 2017, non aggiornati secondo le ultime acquisizioni della ricerca epidemiologica: secondo la Commissione ispettiva per il Citrobacter sarebbero queste le mancanze che hanno portato il personale medico a sottostimare la portata dei primi segni dell’epidemia di citrobacter all’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento. Non, dunque, la sbadataggine o la leggerezza di qualche operatore, ma mancanze strutturali nelle procedure operative laddove, ad esempio, esse non specificano l’uso dell’acqua sterile in luogo dell’acqua di rubinetto (che sappiamo essere stata contaminata, non solo dal citrobacter, attraverso i frangigetto) oppure laddove non prescrivono l’igienizzazione delle mani con soluzioni alcoliche. Una tragica beffa in tempi in cui, a causa della pandemia da Coronavirus, Amuchina e gel disinfettante sono diventati prodotti di uso comune.
Non sono mancati casi di citrobacter negli anni precedenti: la relazione ricorda infatti che “nel periodo gennaio 2015 – marzo 2017 si evidenziano 17 isolamenti di Citrobacter koseri corrispondenti a 9 soggetti“, ma è soltanto a partire dall’aprile 2017, con l’apertura della nuovo mega Maternità unificata, denominata “Ospedale della donna e del bambino” , che si ha il salto di scala verso l’epidemia: ben 550 isolamenti, corrispondenti ad 89 soggetti, tra l’aprile 2017 e il luglio 2020. L’accentramento delle strutture è stata una scelta dettata più dalla brama di ottimizzare i costi che dalla volontà di implementare il servizio.
Gravi le carenze vengono rilevate anche sotto l’aspetto della comunicazione, sia nei confronti delle famiglie che dell’opinione pubblica: “Esiste l’evidenza di una mancanza di comunicazione ad Azienda zero e Regione Veneto degli eventi come stabilito dalle Direttive Regionali e Nazionali, infatti le informazioni degli eventi sono inizialmente state apprese esclusivamente da mezzi mediatici” scrive la commissione.
Dal Presidente della Regione Zaia ci aspettiamo un ruolo più attivo: non basta che faccia da “passacarte” con la Procura della Repubblica, che è benissimo in grado di acquisire tutti i documenti necessari. Da Zaia ci aspettiamo che approfondisca e risolva le vistose e gravi lacune organizzative e procedurali evidenziate dalla relazione, affinché meccanismi simili non possano ripetersi in altri contesti. Queste criticità non appartengono certo ad una sanità che possa dirsi di eccellenza.