(di Paolo Danieli) Doveva essere presidenzialismo. E invece è premierato. Un’altra riforma ‘all’italiana’, né carne né pesce. Come quella delle Province, che invece di chiuderle le hanno solo mutilate e adesso stanno pensando di ripristinarle come prima.
Eppure è una battaglia storica della destra italiana quella per la Repubblica Presidenziale, con il Capo dello Stato eletto direttamente dal popolo, per sottrarlo, come diceva Almirante, al “forcipe della partitocrazia”. E invece, una volta al governo, i suoi epigoni, se tali si possono definire, l’hanno derubricata a ‘premierato’. Che è tutt’altra cosa.
La Meloni non se l’è sentita di toccare il Presidente della Repubblica. E ha ripiegato sul ‘premier’. Verrà eletto direttamente dai cittadini, dice, e quindi dovrà essere necessariamente un parlamentare. Bene.
Niente più governi’ tecnici’ né personaggi come Monti, Renzi o Conte, usciti dal cilindro del Quirinale. E’ già qualcosa.
Niente più senatori a vita. Lo saranno solo gli ex Presidenti della Repubblica. Meno male. Ma è un po’ poco.
Ma non se l’è sentita di sfilare da sotto il sedere di Mattarella la poltrona. Anche perché all’indomani dell’approvazione di una riforma che prevede l’elezione diretta del Presidente della Repubblica sarebbe stato politicamente costretto a dimettersi. ’Pezo el tacon del buso’: viene comunque delegittimato in quanto il premier è eletto dal popolo e il Capo dello Stato no. E quindi, da un punto di vista istituzionale, considerato che non è più lui a conferire l’incarico di formare il governo, perde peso e valore.
E questo è l’esatto contrario del Presidenzialismo.
Era subito apparsa contraddittoria la norma che prevedeva che in caso di dimissioni del premier non si torni alle urne ma che, per una volta sola, possa essere sostituito da uno del suo stesso schieramento. Una norma che trasudava di compromesso con la Lega e contraddiceva il principio che dovrebbe essere alla base della riforma: cioè che sono i cittadini a decidere il nome di chi governa. Una regola che aveva criticato perfino La Russa, il presidente del Senato. Adesso pare che La Meloni ci abbia ripensato e che abbia dato l’ordine di cambiarla non appena approderà in Senato alla Commissione Affari Costituzionali.
Sul simbolo di FdI c’è ancora la fiamma del Msi, che del Presidenzialismo aveva fatto un bandiera. Che cos’è accaduto per convincere la Meloni ad abbandonarlo, in contrasto con quello che aveva promesso in campagna elettorale?
Perché ha cambiato idea? Oppure ha dovuto?
Il ‘premierato’ ha tutto l’aria di un ‘vorrei ma non posso‘. Come dire: volevo fare la riforma dello Stato in senso presidenziale, ma siccome non me lo lasciano fare mi accontento di qualcos’altro. Tanto per fare vedere che qualcosa cambia. Anche se poi in realtà cambia ben poco.
Sarebbe da capire chi, se la Meloni voleva –‘vorrei’-, ha fatto in modo che non potesse.-‘non posso’- Bisognerebbe sapere, visto che lei è dotata di una maggioranza molto ampia, chi è stato così potente da obbligarla ad abbassare una bandiera storica della destra per alzare una bandierina del cucurucù che non dice niente a nessuno.
E in questo caso le interferenze di potenze straniere non dovrebbero entrarci, dato che si tratta di questione totalmente interna.
Il presidenzialismo alternativa al mercato delle vacche
In occasione della rielezione di Mattarella indignò tutti italiani il penoso spettacolo del mercato delle vacche cui abbiamo assistito. E dai sondaggi emerse chiaramente che doveva finire. Lo aveva ben recepito la Meloni, che proprio in quell’occasione, con un atteggiamento intelligente iniziò a costruire il grande consenso che poi ottenne indicando la strada della necessità dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Tanto che nella campagna elettorale vittoriosa che l’ha portata a Palazzo Chigi ha messo il Presidenzialismo come uno dei primi punti del programma, se non il primo.
Che cos’è successo? Sarebbe interessante saperlo. Anche per capire tante altre cose.