Debito pubblico, servono i lanzichenecchi di Bruxelles per eliminate l’LSD dalla politica italiana

(di Bulldog) La tentazione per la politica italiana è forte, fortissima: dare la colpa, tutta, a Bruxelles. Ai burocrati, a Ursula von der Leyen, all’euro. Gli Italiani farebbero bene a non seguirla su questa strada ed a ringraziare lo stellone che, ogni tanto, ci manda ministri delle Finanze con la testa sulle spalle.

L’Adige ha più volte lanciato l’allarme sull’alto debito pubblico, sulle dissennate politiche del centrosinistra italiano, sulla droga degli aiuti di Stato e su quella vergognosa mole di benefit che ci costa circa 90 miliardi l’anno. Abbiamo mostrato chi, fra i vari governi, ha prodotto debito oppure l’ha ridotto. Gli elettori continuano a preferire chi – come Cettola Qualunque – promette tagli delle tasse che poi diventano un debito abnorme a carico dei nostri figli e dei nostri nipoti. Grillo, Conte e i 5Stelle confermano che questa politica, ahinoi, funziona ancora.

Debito pubblico al 2023
Debito pubblico al 2023

Per essere ancora più chiari: non è possibile che un Paese che vanta una ricchezza privata di 5mila miliardi abbia un debito pubblico di 2400. Possiamo dire che una buona metà di questa ricchezza è frutto di imposte non pagate? è troppo? diciamo, un 30%. Vorrebbe dire che 800 miliardi di denaro pubblico sono oggi nelle tasche di privati cittadini.

Ma, attenzione, non è soltanto evasione fiscale. La Repubblica Italiana, con le sue banche dati, è in grado di accertare con esattezza reddito e spese di ciascuno di noi, di ogni impresa o partita Iva. Chi fra i nostri lettori ha un’attività economica lo sa bene: saltate un versamento trimestrale IVA e tempo trenta giorni vi arriva la letterina dell’Agenzia delle Entrate. Oppure, provate a fare da soli l’ISEE: al 6 di gennaio la Repubblica italiana è in grado di dirvi quanto avete guadagnato e quanto ricchi (o poveri) siete.

Chi resta fuori? i grandi colossi del web; l’economia degli imprenditori cinesi o terzomondiali; i dopolavoristi in nero; qualche professionista che ha clienti senza conflitto di interessi. Ci sono settori economici che godono di sussidi fiscali e contemporaneamente di sistemi di contabilità primordiali. Anche acchiappandoli tutti il buco resta.

Perchè questo deficit ha ragioni lontane e tutte politiche: microimprese che evadono in fisco non fanno la rivoluzione (e questo è il lassismo dagli Anni Sessanta e Settanta); grandi appalti di Stato senza concorrenza o tetto di spesa finanziano la politica stessa (anni Ottanta e Novanta); grande deficit spending vuol dire grande burocrazia necessaria alla sua gestione (e questo da sempre e per sempre) e grande potere nelle mani dei gestori pubblici.

Non si spiegano altrimenti i 152 miliardi di spese fiscali, mancette che ogni anno lo Stato regala a tanti soggetti diversi, per circa 600 “buone ragioni“. Giancarlo Giorgetti – che non è un nuovo Luigi Prina ma un uomo di buon senso – definisce correttamente tutto questo LSD: lassismo, sussidi, debito.

Bruxelles ci richiama giustamente all’ordine. Siamo alla vigilia del più grande passaggio generazionale di ricchezza mai registrato nella storia dell’uomo: 5mila miliardi che passano dai baby boomers italiani a millenial e generazione Z. Possiamo chiedere, non una nuova tassa su questo passaggio, ma quanto meno che finisca la cornucopia di Stato e che le spese fiscali vengano finalmente azzerate?

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