Congresso provinciale di Fratelli d’Italia
Si è svolto domenica all’Auditorio di VeronaFiere il congresso provinciale di Fratelli d’Italia. La mattina è stata dedicata agli interventi. Dopo i saluti degli ospiti, Ciro Maschio, deputato e responsabile provinciale uscente, prima di leggere la sua lunga relazione ha voluto proiettare sullo sfondo del palco la fotografia dell’ultimo congresso del Movimento Sociale Italiano (1994) a sottolineare la continuità storica di Fratelli d’Italia con le sue radici, tanto che rimporta la fiamma missina nel logo. Nel suo discorso Maschio ha toccato a 360 gradi tutti gli aspetti della politica del partito, ripercorrendo il percorso fatto a fianco della Meloni dal dicembre del 2012 fino ad oggi che FdI è il primo partito italiano. Dopo il congresso, ha annunciato, metterà mano alla riorganizzazione del partito, a cominciare dall’apertura di una nuova sede, per renderlo più efficiente e rispondente al ruolo di prima forza politica anche a Verona.
Dall’una del pomeriggio le votazioni per eleggere la direzione provinciale. O meglio, 13 dei 20 componenti. Gli altri 7 sono di ‘nomina regia’, in quanto decisi dal presidente eletto che, si sa già, è Ciro Maschio, amico di Giorgia fin dai tempi del Fronte della Gioventù nonché suo uomo di fiducia. Nel 2013 fu lui, assieme a pochi fedelissimi, a piantare in riva all’Adige la bandiera di Fratelli d’Italia. E di questo la Meloni gli è riconoscente e si fida solo di lui.
Maschio confermato presidente provinciale di Fratelli d’Italia
Elezione scontata. Candidato unico. Fino a qualche settimana fa s’era profilata la candidatura alternativa di Daniele Polato, consigliere regionale e leader di Battiti, il gruppo di Sboarina. Ma poi sono addivenuti a un accordo secondo i desiderata di Giorgia, che fin dal momento in cui il Congresso è stato indetto s’era raccomandata che le candidature fossero unitarie. Non è stato così dappertutto. Ma a Verona sì. I 4700 iscritti al 30 settembre 2023 potranno solo scegliere 13 membri della direzione provinciale. Sarà interessante vedere in quanti sono andati a votare, così da capire quanti sono gli iscritti in carne e ossa e quanti quelli ‘di carta’.
Era dal 2017 che FdI non andava a Congresso. Allora vennero eletti solo i delegati a Trieste dove il 2 e il 3 dicembre venne acclamata presidente nazionale la Meloni. Niente cariche provinciali. Men che meno comunali.
Il secondo congresso di Fratelli d’Italia
Quello di oggi è stato il secondo congresso in 10 anni. Il metodo è quello dell’assemblea generale degli iscritti: democrazia diretta. Una necessità, visto che i congressi dei circoli, comunali o ambientali, verranno indetti dopo quello provinciale, invertendo l’ordine delle cose. Impossibile così eleggere dei delegati.
Una stranezza. Come quella di non celebrare il congresso nazionale. E’ vero che con una leadership forte come quella della Meloni non c’è nessun bisogno di una sua legittimazione congressuale. Ma questo non vale per gli organi del partito. Che così scricchiola per quanto riguarda i meccanismi democratici e partecipativi. D’altra parte non è che negli altri partiti le cose funzionino meglio. E’ il risultato della leaderizzazione e dell’omologazione. Non per niente oggi i partiti mettono il nome del capo nel simbolo. Come dire: le nostre idee non sono sufficienti.
Non era così nella prima Repubblica, quando i partiti erano veri. Tutti, dal Msi fino al Pci passando per la Dc e il Psi. Per primi venivano fatti i congressi di sezione, dove si eleggevano il segretario di sezione e i delegati al congresso provinciale. Qui veniva eletto il segretario provinciale e i delegati al congresso nazionale, che a loro volta eleggevano gli organi nazionali e il segretario del partito. La filiera democratica era completa. E questo implicava una selezione molto dura. A cominciare dal basso. Le chiavi della sezione se uno era stupido non gliele davano. E prima di diventare parlamentare dovevi farne di strada e di gavetta.
Adesso è cambiato tutto. In meglio, per qualcuno che beneficia di questo andazzo. In peggio per la democrazia. E i risultati si vedono. A cominciare dal fatto che c’è sempre meno gente che va a votare.
Tuttavia è apprezzabile che i partiti cerchino almeno di salvare la forma. Come fa FdI. Già, la forma, appunto. Che in politica, si sa, riveste sempre anche un po’ di sostanza.
E a Verona la sostanza è che con questo congresso una scelta politica è stata fatta: quella della continuità. Rappresentata da Ciro Maschio, che del partito è a capo da 10 anni. E se FdI dallo ‘zero- virgola’ è passato al 35% qualche motivo per riconfermarlo pure ci sarà. Anche se qualcuno aveva pensato ad un cambio. Che però è stato considerato inopportuno. Poi, dopo il 9 giugno, si vedrà. Polato sarà candidato alle europee. Interessante sarà vedere con chi si abbinerà. Nel 2025 ci saranno le regionali. Zaia non è ricandidabile. Sarà quindi fondamentale che i fratelli d’Italia di Verona, che sono i più forti del Veneto, siano ben rappresentati nelle trattative per designare il candidato alla presidenza della Regione. Con un mandato ben preciso: togliere Verona dalla marginalizzazione in cui è caduta negli ultimi 20 anni.