(di Bulldog) Lo so, non lo potete conoscere; forse ricordate vagamente il nome ma non il volto, e se vi per caso ricordate qualcosa quel qualcosa non è lui, ma suo figlio, un politico della seconda Repubblica dalle poche fortune. Al contrario del padre, un gigante dei suoi tempi. Chi è costui? Presto detto: Ugo La Malfa, repubblicano, uno dei leader dell’Italia del dopoguerra (e, detto per inciso, il politico che da solo si fottè Michele Sindona e fece crollare il suo castello di banche) ma soprattutto noto come “la Cassandra”, il politico che invitava a non spendere, a non fare debito pubblico senza una valida ragione, che immaginava una vita pubblica morigerata e una privata altrettanto sobria, tanto da non volere la tv a colori nelle case degli Italiani.
Orbene, oggi Giorgia Meloni ha preso in prestito il tre pezzi grigio ministeriale di Ugo La Malfa per spiegare come ci siamo infilati nel maggiore buco finanziario della storia repubblicana: 105 miliardi che lo Stato deve pagare ai fornitori di 510mila fortunati possessori di appartamenti in condomini, edifici unifamiliari e unità immobiliari indipendenti. Grazie al superbonus infatti, lo Stato sta pagando 594mila€ per ogni condominio riqualificato (571mila se ubicato in Veneto); 113mila per ogni villetta indipendente (112mila se in veneto) e 96mila euro (94mila in Veneto) per ogni unità indipendente. 105 miliardi divisi fra 60 milioni di italiani, fanno 1.750 € a testa, neonati compresi.
105 miliardi che si aggiungono ai 125,6 miliardi di “spese fiscali” ovvero quanto ci costano in termini di mancato gettito erariale 626 agevolazioni fiscali nazionali e 114 agevolazioni fiscali locali. In tutto 740 misure che costano il 6,3% del PIL. Dal 2015 una Commissione “monitora” questo fenomeno per cercare non di fermarlo – come evidenzia la grafica qui sopra, impresa impossibile ma per dare al legislatore (che è la figura che apre o chiude il borsellino dei quattrini pubblici ) uno strumento aggiornato per capire chi sta rendendo più ricco, meno ricco, più aiutato o meno. Quali settori premia e quali trascura. In sette anni queste agevolazioni sono cresciute del 21%. L’immagine dell’orchestrina che suona sulla tolda del Titanic è probabilmente quella più appropriata in questa circostanza…
Ugo La Malfa è morto nel 1979 e quindi non ha potuto vedere questa follia che dura da tantissimi, troppi, anni e che ha bruciato una ricchezza incredibile rendendo ricchi i baby boomer e rendendo poveri i loro figli e nipoti.
626 più 114 fa 740 misure fiscali a vantaggio di oltre 105 milioni di beneficiari: ciascuno di noi, mediamente, ne beneficia di un paio statisticamente e in qualche caso molte di più. Dentro queste “spese fiscali” c’è di tutto: la Repubblica nella sua grande bontà paga a piè di lista un po’ di tutto: cose positive e utilissime quali la ricerca scientifica, la diversificazione delle fonti energetiche o gli investimenti per l’innovazione, ma anche marchette ignobili. Tipo la riduzione delle accise sui carburanti per svuotare i campi allagati dalle alluvioni.
Alcune di queste agevolazioni coinvolgono decine di migliaia di persone, altre appena poche decine: ad esempio 66 persone giuridiche si dividono quest’anno 91 milioni di euro l’anno per la “tonnage tax” e così sarà anche per il 2024 e 2025; 10 banche si prendono 100mila€ nel triennio 23-25 come credito d’imposta per una gabola legata alle azioni di risoluzione bancaria e francamente non si capisce perché delle banche (quest’anno ai massimi della redditività) debbano portarsi a casa 10mila€ a testa in aggiunta ai miliardi spesi dai contribuenti per ricapitalizzarle quando erano nelle peste…
In questo mare magnum ci sono anche le iniziative per abbattere il peso delle bollette dell’energia a carico di famiglie ed imprese e tante cose meritevoli, ma 740 – ripeto 740 – agevolazioni non sono possibili in un Paese che ha il debito pubblico che ha: 2mila805 miliardi. Ogni 5 secondi cresce di 15mila€.
Quindi, brava Giorgia Meloni (e bravo Mario Draghi prima di lei ad evidenziare il problema che stava esplodendo) a mettere mano alla bolla che rischia di mandare a carte quarant’otto il nostro bilancio. Bene che incontri le imprese che si sono lanciate nei lavori del superbonus facendo affidamento su una legge dello Stato e che hanno pagato regolarmente dipendenti (come dimostrano i dati della previdenza di settore), fornitori e banche e ora temono di non incassare dal debitore finale quanto concordato.
E bene Meloni se metterà mano anche alla giungla delle agevolazioni: l’Italia non può perdere 1.200 miliardi di entrate in dieci anni. Non può più permettersi un circo del genere. La riforma del fisco – col taglio drastico delle agevolazioni – è un passo necessario e di equità sociale e generazionale. Non più rimandabile.