(di Stefano Tenedini) Piccole imprese, anche a Verona la mancanza di manodopera è sempre più cronica e l’innovazione tecnologica non basterà a colmare il gap che si aggraverà sempre più in futuro. È la fotografia scattata da Confimi Apindustria Verona, che nel bilancio di fine anno dell’associazione (che riunisce circa 800 piccole e medie imprese locali) ha affrontato con il presidente Claudio Cioetto la situazione congiunturale, ha espresso alcune indicazioni sul 2024 ma ha soprattutto lanciato alle istituzioni un appello sulla carenza di personale qualificato.

“Il 2023 è partito bene sull’onda di un ottimo 2022”, ha esordito Cioetto, “poi nel secondo semestre abbiamo subito un forte calo di ordini dovuto all’aumento dei tassi, ai minori investimenti da parte delle PMI e agli effetti delle guerre, oltre alla frenata della Germania. La locomotiva d’Europa non tira più come prima e difficilmente ripartirà a breve: e visto che per il Veneto è un fondamentale mercato di sbocco, incide tantissimo sul nostro andamento”.

Qualificati e specializzati, i lavoratori che mancano alle piccole imprese

“Per il 2024 sarò realista: soffriremo qualche mese”, ha ipotizzato, “ma sono fiducioso che grazie al calo dell’inflazione la BCE potrà ridurre i tassi e quindi ci sarà una ripresa degli investimenti. Ci credono anche le Borse, che anticipano i futuri buoni rendimenti, anche se la situazione del commercio mondiale non aiuta l’Italia”. Sul Veneto ha sottolineato che abbiamo aziende forti e oggi meglio strutturate rispetto alla crisi del 2007. “Sappiamo come affrontare le difficoltà, e una nostra indagine conferma la volontà di investire e assumere, rafforzando così la capacità produttiva: sempre che si possa reperire il personale qualificato e specializzato necessario a sviluppare le attività”.

Claudio Cioetto, presidente di Confimi Apindustria Verona, che riunisce circa 800 piccole imprese
Claudio Cioetto, presidente di Confimi Apindustria Verona, che riunisce circa 800 piccole imprese

E così Cioetto ha aperto il tema caldo della crescente difficoltà di reperire tecnici e operai qualificati. “Collaboriamo con le scuole, che però non sempre riescono a creare corsi di studio in linea con le esigenze delle aziende. E comunque siamo sì disponibili, ma la scuola non può delegare a noi anche la preparazione culturale dei giovani. Vorremmo più attenzione da parte della politica: l’Italia è la seconda manifattura europea, e molti dipendenti che perdono il lavoro nei grandi gruppi lo trovano nelle piccole imprese”. Il problema è ancor più serio nei settori più tradizionali come il legno-arredamento e il marmo-lapideo, per i quali non esistono specifici indirizzi scolastici necessari per specializzarli o inserirli nel settore.

La necessità di proporre corsi di studio in linea con le richieste del mondo imprenditoriale è stata messa in rilievo anche da Carlo Grossule, presidente del Gruppo Giovani di Confimi Apindustria Verona. “Servono modelli più agili ed efficaci”, ha ribadito, aggiungendo poi che “la tecnologia non potrà mai soppiantare il lavoratore, anche se si avverte un certo timore a proposito dell’intelligenza artificiale: ma le innovazioni non potranno sostituire la manualità. Altro tema non rinviabile è la fuga di molti giovani verso altri Paesi: anche su questo la politica dovrà intervenire in modo efficace”.

Donne e giovani, quando il lavoro richiede formazione e cambiamento culturale

Il presidente Cioetto ha poi precisato che non solo i giovani meritano maggior impegno della politica, ma anche le donne, per facilitare il loro accesso e la permanenza nel mondo del lavoro, il che richiede scelte molto chiare e un deciso cambiamento culturale. Lo ha confermato Marisa Smaila, presidente del Gruppo Donne di Apindustria, auspicando “misure strutturali e stabili orientate a favorire l’occupazione femminile. A partire”, ha evidenziato, “da un dato che si commenta da solo: nella UE l’Italia si colloca all’ultimo posto per tasso di occupazione delle donne tra 25 e 49 anni, in coppia con figli a carico”.

Nella foto parte dei componenti della giunta di presidenza di Confimi Apindustria Verona. Da sinistra il direttore Lorenzo Bossi, Carlo Grossule (Giovani), Marisa Smaila (Donne), il presidente Cioetto, Simona Martini (Legno) e Patrizia Aquironi (Legnago)
Da sinistra Lorenzo Bossi, direttore di Confimi Apindustria Verona, Carlo Grossule (Gruppo Giovani), Marisa Smaila, (Gruppo Donne), il presidente Claudio Cioetto, Simona Martini, (settore Legno) e Patrizia Aquironi, (Distretto di Legnago)

La progressiva carenza di lavoratori avrà un impatto reale sul sistema produttivo e sulla capacità di crescita delle aziende, è in sintesi l’allarme: e la politica deve ragionare sul lungo termine, supportando le famiglie e favorendo le nascite. Per Cioetto infatti “le misure economiche per sostenere lo sviluppo aziendale sono fondamentali ma non bastano più perché il calo delle nascite incide sul sistema produttivo, tanto da colpire anche le aziende a conduzione familiare che costituiscono la spina dorsale delle PMI anche nel Veronese. Inoltre coniugare la vocazione di fare impresa con l’aspirazione di costruire una famiglia non deve essere considerato un lusso”.

Ma riprendendo l’indagine sulle aziende, emerge come queste abbiano la volontà di incrementare le assunzioni. Tre imprese su quattro prevedono di inserire nuovi collaboratori: in particolare operai (73,5%), seguiti da tecnici specializzati (54,9%) e impiegati (32,4%). Tra le qualifiche spiccano addetti alla fresatura, operatori per macchine cnc, tornitori e autisti. Le assunzioni puntano per oltre l’80% a sviluppare le capacità produttive, mentre il 45% guarda già con lungimiranza al ricambio generazionale e alla sostituzione di personale prossimo alla pensione.