(di Stefano Tenedini) In altri momenti avremmo accolto come un dato di cronaca economica, dai risvolti positivi ma tutto sommato nella norma, la notizia che la Banca di Credito Cooperativo di Verona e Vicenza e la “cugina” Banca Patavina hanno avviato un percorso di integrazione che tra un anno le porterà auspicabilmente a unirsi. Ma con i chiari di luna di cui diamo spesso conto – macché: il buio fitto – sulla progressiva perdita di presenza e di valore di Verona e del suo sistema istituzionale, economico e finanziario, è davvero un segnale di buon auspicio da cogliere con interesse. Sperando che non resti un caso isolato.
Una piccola banca – ma piccola per dimensioni, certo non per la capacità di muoversi, fare rete e aggregare, integrandoli, altri partner – che un pezzo per volta si sta avviando a diventare lo “sportello” locale di riferimento del Veneto, quindi del Nord Est. E punta a dare visibilità e ruolo alle Bcc del territorio anche nell’ambito del Gruppo Iccrea. Un disegno ovviamente in sé poco “veronese”, ma che dimostra come il freno a mano dello sviluppo non sia nella mancanza di capacità progettuale di imprenditori e professionisti del nostro ambito, ma nell’immobilismo delle istituzioni e di una classe dirigente in apparenza premiata per non agitare le acque più che per la voglia di movimentare lo stagno.
Se guardiamo al declino di Verona abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. Di esempi ne abbiamo un catalogo: la crisi tutta politica di Agsm, una Fiera sulla difensiva e in cerca di sviluppo, il Catullo ridotto a un “alternato” di Venezia, Cattolica oggi che può stare serena solo grazie a Generali, il Banco BPM che solo adesso inizia a ritrovare la fiducia del mercato… Non c’è molta positività nell’aria, e una volta di più si conferma assente quello sguardo al futuro che il presidente di Confindustria Raffaele Boscaini continua a chiedere alla città, alla politica e alle istituzioni. Ecco, in questo scenario da fine dei giochi l’idea che la riconfigurazione del sistema bancario del Nordest sia partita da Cadidavid (sì, dai sobborghi di Verona) è una buona notizia. Qualcun altro avrà – e ci metterà – la visione e il coraggio di Flavio Piva?
Intanto andiamo ad approfondire il progetto Bcc. Tra dettagli contabili, ridefinizione dei ruoli e delle cariche e approvazione delle assemblee dei soci ci vorrà un anno. Ma il percorso di aggregazione è segnato e all’inizio del 2024 Bcc di Verona e Vicenza e Banca Patavina saranno un unico istituto di credito. La lettera di intenti firmata dai due presidenti, il veronese Flavio Piva e il padovano Leonardo Toson dà infatti il via al progetto che creerà la più grande banca di credito cooperativo del Nord Est e una delle prime cinque in Italia.
Gli attuali 94 sportelli (56 di Verona e Vicenza e 38 della Patavina) copriranno senza sovrapposizioni tre regioni, dal Trentino (Trento) al Veneto (Verona, Vicenza, Padova, Venezia, Treviso, Rovigo: resta fuori solo Belluno) e alla Lombardia (con Mantova), con un totale di oltre 29 mila soci privati e imprese e circa 70 mila clienti.
Un progetto definito strategico, e per una volta non è un’esagerazione. Due banche in ottima salute sul piano dei conti, della redditività e della solidità patrimoniale, che hanno dimostrato di saper servire territori dall’economia vivace, in un’area trainante del Paese che ha perciò la necessità più di un supporto attivo e concreto per lo sviluppo che non di opere assistenziali per una situazione di crisi endemica. Due banche con una considerevole massa di manovra, inserite nel sistema delle Bcc Iccrea e in grado di distinguersi fra le 120 banche locali aderenti, attive con 2500 sportelli in 1700 comuni.
Entrambe le banche hanno chiuso i bilanci del 2021 con buone performance: Verona e Vicenza in utile netto di 12,2 milioni, patrimonio a 235 milioni e 4,8 miliardi di masse amministrate, con una raccolta diretta salita a 2,2 miliardi. I dipendenti (tra le sedi di Cadidavid e di Fara Vicentino e gli sportelli) avevano superato quota 400, mentre i soci erano più di 18 mila e 52 i comuni coperti nel Veneto. Per Banca Patavina numeri più contenuti ma sempre positivi: un 2021 che si è chiuso con un utile di 8,6 milioni di euro, in crescita del 38%, e una raccolta di oltre 1,6 miliardi. Nella sede di Piove di Sacco e nelle agenzie sono al lavoro più di 300 dipendenti.
Un percorso di sviluppo condiviso, quindi: ma come risulta evidente dai dati è proprio la Bcc scaligera il partner forte in questo polo creditizio. Prima grazie all’incorporazione di Cereabanca 1897, poi con l’accordo con Vicenza, e oggi con il progetto di aggregazione con Padova, il presidente Piva prosegue passo passo nel suo disegno di costruire un nucleo forte e stabile del credito locale di livello regionale che vada oltre i comuni e le province.
E senza far passare tempi biblici (per fortuna nell’antica “foresta pietrificata” delle banche sono spuntati rami freschi) ha proseguito nel percorso e la ex Banca di Verona si prepara oggi a diventare la banca cooperativa di riferimento del Veneto. Capace di influire forse anche sugli equilibri nazionali, visto che oltre le BCC ormai dominano le multinazionali lontane dai territori e dalle loro esigenze.
Un disegno ambizioso ma non irrealizzabile. Non per nulla Piva, che già presiede la federazione veneta delle Bcc, ha confermato di voler rendere esplicito il ruolo veneto anche in ambito Iccrea: una presenza in termini di visibilità ma di certo anche concretamente rappresentativa. Proprio le fusioni in cui si sta dimostrando regista e specialista hanno trasformato la struttura del piccolo credito in Veneto: nel giro di dieci anni le Bcc in regione sono scese da 38 a 15 sotto la spinta di una ventina di fusioni.
Parlando di un futuro che si sta già manifestando Piva aveva sottolineato che il piano industriale per il triennio punta a integrare il presidio fisico delle filiali con competenze specialistiche e trasversali, soprattutto per la consulenza alle imprese e alla clientela che manifesta esigenze complesse. Mentre si rafforza la presenza nell’area di Verona e si consolida il presidio su Vicenza si parte non alla conquista ma al coinvolgimento dell’Est Veneto, da Padova a Rovigo, Venezia e Treviso.
In questo, come segnalava Alessandro Azzoni in un recente articolo, sarà “rilevante la figura di Andrea Bologna, già DG della Federazione veneta delle Bcc fino al 2012 e attuale vicedirettore vicario della Bcc Verona e Vicenza. Sarà nominato a breve alla direzione della Bcc patavina proprio con l’incarico di avvicinare le due realtà”.